sabato

Il G8, gli aiuti ai Paesi in via di sviluppo e la cooperazione internazionale

Il G8 che si tiene in questi primi giorni di luglio nell’Abruzzo post-terremoto, dà la possibilità di notare le campagne di sensibilizzazione nei confronti dei “grandi” riuniti e, più realisticamente, delle popolazioni spettatrici, riguardanti questioni di respiro mondiale e di fare qualche riflessione.

In questo G8 “italiano” la tematica principale toccata dai mass media riguarda gli aiuti ai Paesi poveri; ovviamente, come al solito, bisogna considerare la questione senza cadere nella futile propaganda, che, per esempio, attraverso le parole di un cantante “globale” come Bob Geldof, accusa il governo Berlusconi di non stanziare abbastanza fondi per gli aiuti alla cooperazione; in realtà, le cose non sono così semplici.

Tanto per cominciare, lo stanziamento dei fondi per la cooperazione è stato costante, in Italia come altrove, a prescindere da quale governo sia stato alle redini del Paese: governi di centro-destra, centro-sinistra, cosiddetti governi “tecnici”, nulla hanno fatto segnalare riguardo cambiamenti di rotta nella cooperazione. Quindi prendere la questione dal lato propagandistico comporta soltanto lo sviare l’attenzione dal fatto che l’approccio alla cooperazione è stato comune in tutto il mondo industrializzato; anzi, per la verità, nel 1997, i flussi dell’assistenza allo sviluppo hanno raggiunto il minimo storico e soltanto 5 Paesi hanno rispettato in questi ultimi dieci anni l’impegno di destinare lo 0,7 % del reddito nazionale lordo agli aiuti: la cosa interessante è che tutti questi Paesi sono europei ed è infatti unanimemente riconosciuto che è proprio l’Unione Europea ad essersi più di ogni altro impegnata in questo settore. Chi oggi critica i governi prendendo spunto dalle parole di Obama o del governo inglese, dovrebbe tener presente che questi ultimi, interessati come sono a mantenere la supremazia economica e politica sia verso il “Terzo mondo” sia verso la stessa Europa, alla quale fanno fare scelte economiche e politiche che la tengono a freno, si sono sempre ben guardati dal fare qualcosa di concreto (anche a livello ambientale, vedi il protocollo di Kyoto non firmato dagli Usa appunto per non perdere la supremazia economica).

Ma la questione centrale non è quella che riguarda la quantità dell’importo degli aiuti (che come abbiamo notato è di gran lunga migliore in Europa), bensì della sua qualità; dopo decenni di “aiuti” allo sviluppo sempre maggiori, le disparità fra primo e “Terzo mondo” si sono costantemente incrementate. Questo significa che non basta e non è assolutamente attinente agli obiettivi il maggiore o minore stanziamento economico, ma l’importante è il tipo di logica e di prassi che è dietro lo stanziamento.

In questo senso è importante rendersi conto che le succitate campagne di sensibilizzazione, altro non fanno che riproporre gli schemi della cooperazione fallimentare sin qui effettuata, cosa confermata dalle parole dei soliti paladini della cooperazione Bono Vox e Bob Geldof che ora elogiano Obama (Usa), Brown (Inghilterra) e la filo-americana Merkel (Germania); senza nemmeno voler commentare il significato di una campagna di questa importanza affidata a cantanti che impersonano con la loro figura la più vera e brutale globalizzazione culturale, è comunque evidente che questioni così presentate, solleticanti il senso di carità e null’altro, a niente servono se non a permettere i soliti aiuti “vincolati”, cioè aiuti dati in cambio della sottomissione alla propria causa.

Una cooperazione efficace – ormai lo si riconosce da più parti – deve abbandonare questi classici schemi post-coloniali e post-imperialisti e deve essere ripensata in modo che davvero possa dare dei risultati. Bisogna puntare su una cooperazione per così dire “regionale”, che non passi attraverso gli imperativi globalizzanti controllati dalla potenze globali anglo-americane, e che quindi non risponda alle logiche di un “villaggio globale” pensato ad immagine e somiglianza del mondo “occidentalizzato”. Soltanto in questo modo gli Stati potrebbero mantenere la propria sovranità (senza doverla sacrificare sull’altare degli aiuti) e, cooperando con altri Paesi con cui condividono interessi geopolitici e geoeconomici, riuscire a migliorare le condizioni di vita dei propri cittadini.

Purtroppo dobbiamo segnalare che le grandi istituzioni mondiali mal vedono organizzazioni del genere: pensiamo all’ALBA sud americana, che vuol migliorare le condizioni dell’America Indiolatina senza doversi piegare ai diktat nordamericani; o pensiamo alle critiche ricevute dall’Organizzazione della Cooperazione di Shanghai (che riunisce Cina, Russia, Repubbliche centroasiatiche e dialoga, per esempio, con l’Iran), in quanto considerata antagonista alla coalizione protetta dalla NATO. Soprattutto dopo la fine della Guerra fredda, e quindi nel lasso di tempo in cui vi era stata l’illusione del “governo mondiale” targato Usa, unica superpotenza rimasta, vi è stato il rilancio invece di una cooperazione allo sviluppo indirizzata al raggiungimento degli interessi del polo egemone; ed in questo senso va ripensato o comunque ridefinito il concetto di “sviluppo”, che oggi nasconde la salvaguardia dello status quo internazionale; Paesi come per esempio l’Iran – per citare una zona calda – che negli ultimi anni ha migliorato considerevolmente la vita a milioni di suoi cittadini, riguardo salute, aspettative di vita, malattie, opportunità per le donne e bambini, non solo non viene citato ad esempio, ma viene minacciato di guerra e viene sottoposto a sanzioni. Ciò a testimonianza di come sia fallace il concetto di “sviluppo” e di come sia legato all’appartenenza alla coalizione capeggiata dagli Usa.

Ma oltre l’approfondimento e il chiarimento del concetto di sviluppo, che bisognerà comunque affrontare decisamente, una lampante dimostrazione di come campagne di sensibilizzazione legate ai grandi mass media globali e decisioni delle istituzioni “multilaterali” ancora oggi sotto tutela americana siano legate e non si distinguono nel significato, può essere visto nelle contestazioni, nazionali e internazionali, che hanno investito il governo italiano, al momento degli accordi conclusi con la Libia di Gheddafi.

La questione è davvero incredibile: Gheddafi è il Presidente dell’Unione Africana (UA) che raccoglie praticamente tutti i Paesi del continente (tranne il Marocco) ed ha come obiettivi, per semplificare, tutti quei principi che possono migliorare la vita dei cittadini africani e che sono gli stessi che troviamo alla base del concetto di cooperazione. Allora come mai, un accordo fatto direttamente con uno dei più alti rappresentanti degli africani viene contestato, e poi invece si richiedono aiuti e sforzi maggiori? Ovviamente è ormai chiaro che, accordi di tipo regionale, come quello che lega l’Italia e la Libia, grandi Stati del Mediterraneo, mettendo neanche in secondo piano, ma facendo in un certo qual modo concorrenza ai grandi canali globali della cooperazione “mondialista”, non sono visti di buon grado dal polo anglosassone. Ed invece è proprio attraverso quelle modalità, come attraverso una cooperazione sud-sud, che sarà possibile fare qualcosa di concreto per le grandi masse che oggi vivono in estrema povertà; e questo sarà tanto più possibile quanto più non comporterà intromissioni nella sovranità e nella cultura di queste vaste aree del pianeta. La situazione geopolitica mondiale, oggi fluida come mai, indirizzata verso un futuro multipolarismo grazie alla crescita di alcuni grandi Paesi in via di sviluppo, e al ritorno sulla scena di grandi potenze, toglieranno l’egemonia al polo statunitense, rendendo possibile un nuovo approccio alla cooperazione internazionale.

Luglio 2009 Cpeurasia

Un "complotto"? Contro lEurasia senz'altro

Sabato 20 giugno, in ritardo sul resto dei giornali italiani, anche “L’Unità”, uno dei quotidiani più filo-americani e sostenitore (sostenuto) del Partito Democratico, ha dovuto ammettere, solleticando la simpatia che i propri lettori hanno per Barack Obama e gli Stati Uniti, che i rapporti fra quest’ultimi e Berlusconi non sono al massimo grado di cordialità per via dei contatti e degli accordi firmati dall’attuale governo italiano e la Russia “putiniana” riguardo soprattutto al gas e la questione energetica. Essendo “L’Unità” espressione di ambienti filo-liberali ed atlantisti, ovviamente considera negativamente ogni scelta compiuta senza seguire gli interessi di questi stessi ambienti, ma è importante notare come non possano più fare a meno di censurare (come hanno fatto fino ad ora, nascondendolo ai propri lettori) uno degli aspetti della vera partita che l’attuale fase storica, portatrice di cambiamenti geopolitici su scala planetaria, sta ponendo all’Europa ed in particolare all’Italia: gli accordi riguardanti lo sviluppo della ricerca e la distribuzione dell’energia. È in questo campo che bisogna ricercare il significato degli odierni rapporti internazionali e che si possono spiegare le ultime notizie nazionali e non; per quanto riguarda le prime, la stessa “Unità” ha dovuto citare la questione del “complotto” che ci sarebbe ai danni del Presidente Berlusconi, parlando di alcune donne (presumibilmente escort) che oggi stanno aprendo il vaso di Pandora tramite le loro dichiarazioni, come possibili “spie”. Che ci sia un complotto vero e proprio, costruito su questioni false contro Berlusconi è molto improbabile, vista anche la poco etica vita sociale del personaggio, ma di certo l’utilizzo di tali notizie e denunce di ordine personale e privato, sono utilizzate oggi dai gruppi di interesse che, seguendo le direttive nordamericane, non vedono di buon occhio l’amicizia con la Russia e stanno mettendo in atto una nuova azione di “contenimento” che abbiamo già visto sul nostro territorio ai tempi della “dottrina Truman”; questi ambienti sono ampi e potenti e possono essere rintracciati anche in settori della coalizione dello stesso Berlusconi: basti pensare a Fini (prossimo Presidente della Repubblica?) ed il suo gruppo, ma anche alla Lega Nord, così importante per la maggioranza, ma così interessata a secessionismo e “scontro di civiltà” entrambi cavalli di battaglia della democrazia-export Usa. Tutto ciò va quindi considerato anche alla luce della nuova situazione internazionale, e questo lo si può vedere attraverso ciò che sta succedendo in Iran, ed anche attraverso le menzogne che vengono rilanciate dai nostri media; la stessa “Unità” (continuiamo ad utilizzare questo giornale per sottolinearne la coerenza della posizione filo-americana) è molto impegnata a rilanciare l’idea di un Iran tirannico, arretrato e violento, in cui le elezioni vengono pilotate per sconfiggere i buoni e giusti membri dell’opposizione “moderata”. Ora, tralasciando del tutto la questione, ben affrontata da altri (1) è fondamentale rendersi conto come questa posizione sia la copia esatta dell’odierna posizione degli Stati Uniti: l’odierna amministrazione, nelle figure per esempio di Brzezinski (2) e dei Clinton, è completamente permeata da una russofobia di lontane origini. Subito dopo la fine della Seconda guerra mondiale, infatti (ma la questione potrebbe essere rintracciata anche precedentemente), con l’inizio della “Guerra fredda”, gli interessi nel controllo del continente eurasiatico, portarono gli USA ad impegnarsi politicamente e militarmente in quelle aree dalle quali poter accerchiare “l’Impero del male” sovietico: in tale situazione l’Italia nel Mediterraneo ed altri Stati nell’est asiatico videro gli Stati Uniti occupati ad appropriarsi della sovranità locale, per esempio con numerose basi ancora oggi presenti (più di 100 nella sola Italia!), per impedire ogni avanzata della sfera geopolitica russa; con il crollo dell’Urss e i pochi anni seguenti che produssero l’illusione del dominio totale e planetario degli Usa, tanto da parlare di “fine della storia”, si vide un abbassamento della guardia nei confronti della Russia in crisi, e un nuovo respiro mondiale globalizzatore, attraverso concetti quali “sviluppo”, “diritti umani”, “partenariato mondiale” volti a garantire il dominio atlantico e liberista sul mondo intero. Ma negli ultimissimi anni il ritorno della Russia e la crescita di altre potenze quali Cina, India, Brasile, Venezuela, combinata con la crisi economica che ha colpito fortemente gli Usa, hanno prodotto una lenta ma decisa evoluzione degli equilibri geopolitici, riportando l’attenzione degli Stati Uniti al controllo del “cuore del mondo”, ossia l’Eurasia. Per questo motivo le scelte dell’Italia tornano ad essere importanti per l’amministrazione americana ed un governo che ponga in essere delle scelte “autonome” rispetto al polo “occidentale” è guardato con sospetto e possibilmente messo alle corde. Così come, fatti i dovuti distinguo, viene destabilizzata la situazione interna dell’Iran (fondamentale per lo stesso accerchiamento della Russia/Eurasia) (3) e quella pakistana dove da poco tempo sono spuntati fuori i famosi “talebani” che paiono uscire come funghi dove c’è bisogno di un intervento militare a stelle e strisce.

Purtroppo la classe dirigente italiana lascia molto a desiderare come capacità di esercitare una reale sovranità (il problema si pone, ad un livello più tragico, sul piano dell’UE), tanto che se il Governo italiano ha compiuto quelle scelte, in contrasto con gli interessi atlantici e la nuova “Dottrina Truman”, è perché ha dietro aziende dalla storia e dagli interessi legati all’Eurasia (si pensi all’ENI); ma si tratta di una cosa che, se non supportata da sincere politiche in quella direzione “sovranista”, potrebbe essere ‘a termine’, senza sviluppi duraturi. C’è dunque un assoluto bisogno di analizzare la questione col più ampio respiro possibile, così da non cadere nelle eterne diatribe politiche (destra/sinistra ecc.) utili solo a confondere la verità dei fatti. L’Italia, finito il periodo post-guerra fredda, torna ad essere un importante appendice dell’Eurasia rivolta al Mediterraneo ed è compito degli italiani rendersi conto della situazione odierna e decidere se agire per gli interessi di Europa/Eurasia per promuovere un futuro multipolare o per quelli, tesi al mantenimento della supremazia unipolare, degli Stati Unti.


NOTE:


1) Da leggere gli articoli di Gianluca Freda:


http://blogghete.blog.dada.net/post/1207096324/DIETROLOGIA+IRANICA+PER+PRINCIPIANTI#more


http://blogghete.blog.dada.net/post/1207096118/L%27INVASIONE+DELLE+BALLE+GIGANTI#more


http://blogghete.blog.dada.net/post/1207097398/I+FILI+RIVELATI#more


http://blogghete.blog.dada.net/post/1207097772/N.E.D.A.+(NATIONAL+ENDOWMENTS+FOR+DEMOCRACY+ASSOCIATED)#more


2)Ascoltare l’intervista a W. Tarpley http://www.luogocomune.net/site/modules/news/article.php?storyid=3010


3) http://www.cpeurasia.eu/401/obama-e-l’iran-una-“mano-tesa”-poco-amichevole

Giugno 2009 Cpeurasia

L'anomalia Berlusconi?

di Matteo Pistilli. Davvero Berlusconi è un’anomalia inconcepibile altrove? Oppure è una questione che nasconde altro?



Nel panorama politico italiano è impossibile affrontare qualsiasi discorso senza toccare l’argomento “Berlusconi”. Che ci piaccia o meno, il Berlusconi imprenditore, il Berlusconi politico, il Berlusconi ‘personaggio’ e via dicendo, sono ormai un fattore che non si può ignorare; soprattutto, ciò che ha condotto a questa situazione sono le campagne propagandistiche delle cosiddette “sinistre” che, trovandosi senza più nessun tipo di idea o progetto da proporre, hanno puntato tutto sull’attacco personale a Silvio Berlusconi. Con questa fallimentare strategia hanno fra l’altro raggiunto il risultato opposto a quello che si erano poste, rinforzando l’attuale Presidente del Consiglio e indebolendo se stesse, ormai non sentite più come portatrici di alcuna “visione alternativa” rispetto al Cavaliere.


Ma la figura di Berlusconi è molto interessante, e non perché rappresenti un’anomalia, come vogliono farci credere i suoi antagonisti, bensì perché con la sua specificità rappresenta evidentemente e direttamente il normale funzionamento del sistema liberal-democratico. Non saltino sulla sedia i tifosi anti-berlusconiani, come non si scandalizzino i tifosi pro-berlusconiani: lasciate andare per pochi minuti le partigianerie, e tenteremo di spiegare quanto affermato.


Affronteremo le tematiche che più spesso si associano al Presidente Berlusconi cercando di sottolinearne il significato.


Di sicuro la prima specificità del capo del PdL, quella che più gli fa piovere critiche addosso (di per sé legittime e sensate, lo diciamo subito), è il binomio CONFLITTO di INTERESSI / CONTROLLO dei MEDIA. Si fa giustamente notare come una grande concentrazione nel controllo dei mass media sia deleteria per il confronto politico e, più in generale, per la cultura politica (e non solo) italiana, e per una corretta “prassi democratica”, soprattutto se tutto quel potere informativo è concentrato nelle mani di uno degli uomini politici più potenti d’Italia. Ripetiamo che non c’è niente di sbagliato nel rilevare ciò, poiché è evidente a chiunque quanto oggi siano fondamentali i mass media per informare (ovvero “dare forma” al-) le persone e, di conseguenza, quanto sia pericoloso che tutta l’informazione sia nelle mani di qualcuno che voglia abusarne, soprattutto se l’unico obiettivo è il profitto economico senza alcun “senso dello Stato”.


Ma quello che vale per Berlusconi ovviamente deve valere per tutti, e se allarghiamo lo sguardo ragionando senza farsi predare dai fumi della faziosità, ci rendiamo conto che la particolarità (la “colpa”) di Berlusconi è solo quella di rendere palese senza troppi infingimenti le sue smisurate proprietà e rendere altresì evidente il nesso che queste hanno con il potere politico. Il Presidente del Consiglio, proprietario di Mediaset, della Mondadori, del Milan, di banche, di finanziarie ecc. ha la particolarità di evidenziare come tutte queste proprietà siano nelle mani di un unico interesse.


Bene, detto questo dev’essere chiaro che questa è esattamente la prassi del vigente sistema capitalista liberal-democratico acclamato sia “da destra” che “da sinistra”. Tutte le maggiori aziende del mondo – in questo caso, nel campo dell’informazione – sono controllate da determinati centri di potere (molto più grandi di Berlusconi) ed hanno interessi ovviamente sia politici che economici; solo che, diversamente dal caso italiano, negli altri casi ciò risulta meno chiaro e, soprattutto, occultato da chi dovrebbe portarlo a conoscenza della gente.


In tutto l’Occidente, solo quattro grandi multinazionali controllano praticamente tutto quello che viene passato sui teleschermi di televisioni e cinema. La prima di queste aziende è la AOL Time Warner (Solo per questa elenchiamo a mo’ d’esempio tutti i rami: varie case editrici tra le quali Time-Life International Books, Time-Life Education, Time-Life Music, Time-Life AudioBooks, Book-of-the-Month Club (sia la “divisione” bambini che quella adulti), Paperback Book Club, History Book Club, Money Book Club, HomeStyle Books, Crafter’s Choice, One Spirit, Little Brown, Bulfinch Press, Back Bay Books, Warner Books, Warner Vision, The Mysterious Press, Warner Aspect, Warner Treasures, Oxmoor House, Leisure Arts, Sunset Books e TW Kids. La AOL-TW controlla poi le seguenti TV via cavo e satellitari: Cinemax, Time Warner Sports, HBO (7 divisioni americane e 6 internazionali), CNN (10 divisioni in tutto il mondo), Time Warner Cable, Road Runner, Time Warner Communications (servizio primariamente telefonico), New York City Cable Group, New York 1 (una specie di CNN dedicata esclusivamente all’ area di New York), Time Warner Home Theater, Time Warner Security (video monitoring), Court-TV (in comproprietà con Liberty Media), Comedy Central (in comproprietà con Viacom) e Kablevision (Ungheria). La stessa società controlla i seguenti canali TV e studi cinematografici: Warner Brothers, WB studios, WB Television (produzione, animazione e reti), Hanna-Barbera Cartoons, Telepictures Production, Witt-Thomas Productions, Castle Rock Entertainment, Warner Home Video, WB Domestic Pay-TV, WB Domestic TV Distribution, WB International TV Distribution, The Warner Channel (società separate sono state create per l’ America Latina, l’ Asia e la regione del Pacifico, l’ Australia e la Germania) e WB International Theaters in 12 paesi. Time, Time Asia, Time Atlantic, Time Canada, Time Latin America, Time South Pacific, Time Money, Time For Kids, Fortune, Life (la nuova versione blanda), Sports Illustrated (e le varie versioni di Sports Illustrated come SI Women/Sport, SI International e SI For Kids), Inside Stuff, Money, Your Company, Your Future, People, Who Weekly (Australia), People en Español, Teen People, Entertainment Weekly, EW Metro, The Ticket, In Style, Southern Living, Progressive Farmer, Southern Accents, Cooking Light, Travel Leisure, Food & Wine, Your Company, Departures, Sky Guide, Vertigo, Paradox, Milestone, Mad Magazine, Parenting, Baby Talk, Baby on the Way, This Old House, Sunset, Sunset Garden Guide, Health, Hippocrates, Costal Living, Weight Watchers, Real Simple, President (Giappone) e Dancyu (Giappone). Questo diluvio cartaceo non tiene conto delle altre decine di riviste (prevalentemente di hobbistica e tempo libero) che AOL-TW possiede nel Regno Unito e che si aggiungono a questo non disprezzabile pacchetto di case discografiche: Atlantic Group, Atlantic Classics, Atlantic Jazz, Atlantic Nashville, Atlantic Theater, Big Beat, Background, Breaking, Curb, Igloo, Lava, Mesa/Bluemoon, Modern, Rhino Records, Elektra, East West, Asylum, Elektra/Sire, Warner Brothers Records, Warner Nashville, Warner Alliance, Warner Resound, Warner Sunset, Reprise, Reprise Nashville, American Recordings, Giant, Maverick, Revolution, Qwest, Warner Music International, WEA Telegram, East West ZTT, Coalition, CGD East West, China, Continental, DRO East West, Erato, Fazer, Finlandia, MCM, Nonesuch e Teldec.) [1]


Le altre tre, di cui non elenchiamo le ramificazioni, sono Disney, Viacom INC, Vivendi [2].


Dev’essere chiaro che la cultura e l’informazione che queste multinazionali diffondono in tutto il mondo, data la potenza e i collegamenti di cui usufruiscono, riesce a pilotare tranquillamente tutto il complesso della cultura occidentale. Ed allora qual è in questo campo la specificità, l’anomalia di un Berlusconi? Solo quella di rendere palese e noto a tutti il controllo su tre canali televisivi e diverse attività editoriali. Perciò, nell’evidenza della sua situazione, Berlusconi ci rende il favore di aprirci gli occhi su come funziona l’industria del consenso e di come sia in pochissime mani il controllo dei mass media di tutto il mondo.


Anche per l’Italia la situazione è più o meno la stessa, visto che oltre alle proprietà di Berlusconi soltanto due grandi aziende si dividono il controllo dei media: Il Gruppo l’Espresso, che è di proprietà di Carlo Benedetti (“La Repubblica”, 9 periodici, tra cui una rivista geopolitica (LiMes), 15 quotidiani locali, 3 radio, 2 televisioni e un portale multimediale). L’altro terzo grande gruppo è RCS, che ha come principali azionisti MEDIOBANCA, un insieme di banche, industriali e azionisti stranieri tra cui Vincent Bolloré, che è un amico intimo di Sarkozy, e la FIAT; l’RCS possiede 2 quotidiani, tra cui il “Corriere della Sera”, 19 periodici, 11 case editrici più 3 in comproprietà, un’agenzia giornalistica, 2 radio più 4 in comproprietà, 5 canali televisivi e all’estero “El Mundo”, che è molto vicino alle posizioni del Partito Popolare Spagnolo, a sua volta molto vicino ad Israele. In più la FIAT, sempre la famiglia Elkann, controlla direttamente anche “La Stampa”.[3]


Come si deve ancora notare, i mass media sono controllati da poche mani e tutte fanno riferimento a precisi gruppi di pressione politici. Non è infatti un segreto per nessuno che De Benedetti sia un campione e un finanziatore del centro-sinistra, per esempio, ed è quindi ovvio che da questa egli a sua volta verrà privilegiato (e soprattutto dai suoi canali informativi verrà propagandata l’opinione della “sinistra”); o che RCS esprima gli interessi e quindi le opinioni e la cultura delle grandi aziende capitaliste (Grande finanza e industria decotta, come direbbe Gianfranco La Grassa) [4]. Ora, l’unica cosa che differenzia questi due gruppi da quello guidato da Berlusconi è il fatto di non avere la stessa persona che mette la faccia sia nell’economico che nel politico, ma davvero ci si può fermare a quest’aspetto e non prendere atto di come funziona in profondità l’attuale sistema politico?


Tuttavia, la questione non riguarda solo i mass media che hanno la particolarità di pilotare la cultura mondiale, bensì anche i più grandi gruppi di potere che stanno al di sopra dei media e ne dettano la linea: ci riferiamo alle banche multinazionali e alle società finanziarie che sostengono con centinaia di miliardi i candidati alla presidenza degli USA: lo faranno senza una contropartita? Multinazionali alimentari, come è per esempio la Monsanto, che fanno in modo attraverso accordi firmati dagli Stati di garantirsi lo smercio di prodotti brevettati dall’azienda stessa; oppure aziende farmaceutiche che attraverso Banca Mondiale, FMI, e ONU obbligano decine di Stati “sovrani” (?!) a comprare a peso d’oro i propri medicinali brevettati.


Cos’è tutto questo se non CONFLITTO di INTERESSI? Siamo davvero convinti che l’anomalia sia Berlusconi e non sia invece soltanto una piccola ed evidente (per questo utile) conferma di come funziona il sistema in cui viviamo? Davvero possiamo permetterci di considerare Berlusconi un’anomalia da estirpare, infilando così la testa sotto la sabbia, abdicare all’intelligenza umana, senza pervenire alle necessarie conclusioni sui temi della sovranità e della globalizzazione?


Che poi non si credano le anime belle che anche a livello più piccolo non valgano i stessi principi che valgono per le multinazionali! Quello che succede in ogni città e paese, in cui vediamo infilati nei vari posti comunali con contratti più o meno a termine persone fedelissime di quello o quest’altro partito, come lo chiamate voi? E gli appalti aggiudicatisi sempre da ditte di “amici degli amici”? Non è anche quello “conflitto di interessi”? O forse il fatto che non riguardi miliardi di euro fa credere che sia meno grave? Raccomandazioni, mazzette, aiutino, dentro e intorno i vari partiti politici, come li chiamiamo? In effetti, più che “conflitto di interessi”, che almeno in Italia non è illegale in quanto non c’è una legge che per ora lo impedisca (Berlusconi ha fatto approvare leggi al riguardo, mantenute dagli stessi governi “anti-Berlusconi”), questo si dovrebbe chiamare truffa. E quante persone abbiamo sentito tuonare contro Berlusconi, inteso come l’unico “male italiano” e quasi mondiale, ben sapendo che quegli stessi individui hanno aiutato ditte amiche del loro partito a vincere gare d’appalto, altri amici ad aggiudicarsi qualche “bando pubblico”, altri ancora a campare di “lavori socialmente utili”, e poi altri a campare vita natural durante di “finanziamenti pubblici”… niente da dire su questo? Come si pretende che una sola persona possa fungere da capro espiatorio per un intero sistema “democratico” fondato sulla truffa?


Ma lasciamo la parola a Tito Boeri, economista, sostenitore del Partito Democratico, invitato da “L’Unità” a parlare di tutto l’arco politico italiano:


«Sembra più un fenomeno legato agli scambi, siamo quasi nel campo del baratto, voti in cambio di una gara d’appalto confezionata su misura, di un incarico prestigioso o di una nomina. Più difficile anche da perseguire da un punto di vista giudiziario».


«Il 25% dei nuovi ingressi (in Parlamento) vengono dalle imprese. È la quota di manager più alta dal dopoguerra a oggi. Il risultato è che stanno in Parlamento una o al massimo due legislature. Restano però in contatto con il mondo della politica e diventano dei perfetti lobbisti. E il Parlamento è diventato il terreno dove si coltivano i propri interessi».


«Difatti la nostra classe politica si forma nelle aziende private o nei grandi enti pubblici. Le intercettazioni raccontano di un corpo aziendale trasportato in consiglio comunale per cui la politica è roba loro. Ecco perché i sindaci e gli assessori indagati restano sorpresi, non capiscono di aver fatto qualcosa di eticamente inopportuno anche se forse non propriamente illegale».


Ancora la stessa domanda: come ci si pone dinanzi a questa realtà, che unisce “conflitto di interessi” e illegalità, alla luce soprattutto del suo essere diffusa in tutto il nostro sistema “democratico”, dalla cosiddetta destra alla cosiddetta sinistra, dal Presidente della Repubblica (ultimamente accusato di varie truffe e raccomandazioni da Travaglio) al semplice cittadino raccomandato? Si ha davvero la sfacciataggine di considerare Berlusconi l’unica “anomalia”? Soprattutto dopo le varie campagne di Beppe Grillo (per prendere la cosa dal lato più ridanciano), non sarà difficile rintracciare il numero ed anche i nomi dei parlamentari (ma non ci si deve limitare a quella ristretta cerchia) indagati e condannati, dal 1945 ad oggi, e fra l’altro notare come vengano tranquillamente rieletti più volte (tanto per fare un altro esempio, è dovuta passare su tutti i media, per venire subito accantonata, la notizia delle case comprate a prezzi stracciati, grazie alla mafia politica, da molti protagonisti della politica italiana; oppure, il collegamento con la mafia di tantissimi politici della più disparata provenienza è facile indicatore che non è solo una la pecora nera, tanto più se pensiamo come la mafia fu un’importante partner/alleato per gli anglo-americani nella Seconda guerra mondiale). Farne un discorso di parte è davvero riduttivo e disonesto: in questa situazione accanirsi soltanto sulla persona di Berlusconi è un inganno condotto per precisi obiettivi politici.


Legato al controllo dei mass media c’è poi il “problema culturale”: cioè l’accusa rivolta a Berlusconi di aver trasformato l’Italia in una “Repubblica fondata sulle veline”. Questa, fra le varie questioni è quella più ridicola, faziosa ed indicatrice di scarsa intelligenza ed approfondimento. Come se format televisivi mondiali (per esempio “Saranno Famosi” o “Grande Fratello”), diffusi negli Stati Uniti anni ed anni fa, e poi allargatisi a macchia d’olio a tutto il globo cavalcando e, allo stesso tempo, esportando la globalizzazione, siano un progetto berlusconiano. Come se la mercificazione dei corpi delle donne e degli uomini non avvenisse in ogni parte dell’Occidente (sarà per questo che odiano l’Islam?), come se i video trasmessi da tutte le televisioni tipo MTV (che, come abbiamo sottolineato, sono controllate dalle solite quattro multinazionali), non siano l’avanguardia di quella degenerazione culturale che invece in Italia alcuni vorrebbero attribuire al solo Berlusconi; certo quest’ultimo con le sue televisioni cavalca l’onda, e non a caso è un imprenditore interessato perlopiù al profitto, ma non bisogna prendere la cantonata di considerarlo l’unico ed il principale “nemico”, in quanto in questo modo si fa il gioco di chi, nei consigli di amministrazione delle “multinazionali”, vorrebbe continuare a comandarci facendoci pensare ad altro distogliendoci dal vero problema della sovranità. Con una superficialità che sfiora il ridicolo, questi campioni di faziosità, ci tengono a dire che il modello portato avanti da Berlusconi si basa solo sull’immagine, sulla pubblicità: ma cosa dobbiamo pensare allora del battage pubblicitario che ha accompagnato la figura di Barack Obama, dimostratosi poi quello che si sapeva, e cioè un fedele continuatore della politica “imperialista” statunitense? Oppure del campione delle sinistre nostalgiche ovvero J. F. Kennedy? Famoso più per la famiglia stra-miliardaria e per la storia con Marilyn Monroe che per altro (oltre al fatto di essere un bell’uomo, grande qualità per un politico).


Il sistema al quale Berlusconi si conforma e che a sua volta diffonde è certo da rigettare ed è figlio della globalizzazione occidentalizzante; ma proprio per questo, bisogna stare in guardia e non cadere nei tranelli dei dominanti e giudicarlo per quello che è: uno dei tanti aspetti del dominio statunitense sull’Europa, al quale non si oppone minimamente, anzi ne è a sua volta sostegno, la sterile critica al singolo Berlusconi, come se questi fosse responsabile dell’attuale sistema culturale “occidentale”.


Inoltre, le varie critiche nei confronti del capo del PdL, con la scusa della sua “anomalia” da demonizzare, non affrontano mai l’aspetto politico delle varie questioni (che dovrebbe essere quello davvero interessante): così, le critiche alle leggi promulgate dalla sua maggioranza o ai decreti approvati dal suo governo – quelle, ad esempio, sulla magistratura, o quelle relative alla riforma dell’istruzione – vengono estremizzate e rese isteriche a tal punto da ignorarne la valenza politica e glissare sul fatto che lo stesso tipo di scelte (privatizzazioni, flessibilità, precarietà…) era stato compiuto da governi di centro-sinistra (oggi i primi anti-berlusconiani): si pensi alla legge Treu, alla legge Biagi (sul lavoro), alla pessima riforma universitaria di Berlinguer tutta ricopiata dal sistema statunitense! Le stesse accuse rivolte a Berlusconi di essere un “truffatore” e un “corruttore” (di testimoni ecc.), sebbene potrebbero avere un fondamento (e tuttavia le sentenze della Magistratura così cara alla “sinistra” solo quando le fa comodo parlano di “assoluzioni”), tentano di celare le varie illegalità da piccolo cabotaggio cui abbiamo accennato (e tante altre se ne potrebbero citare), da cui non è esente anche certa Magistratura politicizzata (altra bella “anomalia”!).


Siccome di questi tempi è facile sentirsi appioppare (soprattutto da chi, in evidente crisi propositiva) l’etichetta di filo-berlusconiani (con quel che di demonizzazione ne consegue), è opportuno puntualizzare che ciò che qui è in questione non è un “sostegno” a Berlusconi ed alla sua politica, bensì un invito ad approfondire, soprattutto nell’attuale fase politica a nostro avviso cruciale, i grandi temi e le tendenze in atto al di là delle menate sulla “vita privata del premier”. Soprattutto in una situazione in cui sembra si stia creando una spaccatura nell’insignificante dicotomia destra-sinistra, osservando quello che alcuni definiscono lo “scontro FIAT-ENI”: cioè, da un parte l’azienda torinese (sono dimostrate le illegalità avvenute alla sua fondazione, falso in bilancio e aggiotaggio, ma chissà perché si insiste soltanto sulle origini delle proprietà di Berlusconi), che a quanto pare è la testa di ponte degli interessi statunitensi che cercano di accaparrarsi mercati e controllo politico in Europa [5], dall’altra la cordata ENI-GAZPROM (e in questa “l’amicizia” Berlusconi-Putin) interessata a strappare più sovranità possibile al polo nord-americano. La diretta conseguenza di ciò è che coloro che appoggiano, più o meno risolutamente, i progetti politici in contrasto con quelli americani vengono colpiti da campagne propagandistiche “internazionali”, solertemente amplificate da pappagalli nostrani che si profondono in lodi sulla “autorevolezza” di certa stampa d’Oltremanica.


Ripetiamo: al di là del pettegolezzo sulle “diciottenni” o il cicaleccio sul “conflitto di interessi”, è interessante capire, quindi studiare, se davvero le cose, per NOI, si stanno avviando verso nuovi scenari, in modo da essere pronti a comprenderli e, quando possibile, stabilire le necessarie conclusioni. Di certo c’è che l’approccio fanaticamente anti-berlusconiano impedisce di comprendere la realtà in cui viviamo.


Tra le varie accuse al Capo del governo italiano che piovono dalla stampa “internazionale” non poteva mancare quella “fascismo”. Sembrerà strano, ma nell’attuale fase geopolitica questo potrebbe anche essere un ‘complimento’ per Berlusconi in quanto oggi sono considerati “fascisti” Vladimir Putin (ex KGB sovietico), Ahmadinejad (Presidente della Repubblica islamica dell’Iran), Hugo Chavez (socialista bolivarista amico di Castro); ed in un recente passato analoga accusa era stata rivolta a Saddam Hussein e Slobodan Milosevic. Diciamolo chiaramente: l’accusa di “fascismo” colpisce esclusivamente quegli Stati che in un modo o nell’altro hanno creato grane all’Angloamerica [6].


Oggi più che mai è tempo di capire la realtà, anche perché gli strumenti esistono e sono a disposizione di un pubblico che deve solo smetterla di andare dietro a dei venditori di fumo. La perdita di potere della superpotenza americana è senz’altro positiva per noi, che dobbiamo riappropriarci della nostra sovranità, al momento praticamente inesistente, ingabbiata fra istituzioni internazionali globalizzanti (Banca Mondiale e Fondo Monetario su tutte), controllo militare (solo in Italia, oltre 100 basi e installazioni Nato/Usa ci controllano e minacciano con le loro armi) e controllo politico (attraverso una classe dirigente scadente e prona agli interessi stranieri).
Un costante miglioramento nei rapporti fra l’Europa e la Russia, nonché una sempre più interdipendente cooperazione di tutto il continente eurasiatico, è l’unica possibilità che abbiamo per cercare di determinare dei cambiamenti sostanziali nella nostra epoca, che non vogliamo diventi “il Nuovo secolo americano”: tutto quello che ci porta fuori da questa logica sovranista, distogliendoci agitando falsi problemi, è da rigettare decisamente.


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Solo una postilla: il primo giugno 2009 il “Times”, giornale del magnate Murdoch, pubblica un fortissimo attacco personale al premier Berlusconi titolato “cade la maschera del clown”; vale la pena sottolineare, a modo di conferma del precedente articolo, le immani proprietà di Rupert Murdoch, che con la sua “News Corporations” controlla centinaia di media fra giornali, canali televisivi , radio, case editrici, ed è la più grande azienda nel mondo del settore. In Italia, soprattutto per via della televisione satellitare SKY è in netta concorrenza con le televisioni targate Mediaset del solito Berlusconi (non sarà per caso interessato anche a quello, oltre alle direttive angloamericane?) ; fra un tycoon di livello mondiale, conservatore, globalizzatore più di ogni altro come Murdoch, ed il capitalista compaesano Berlusconi, per chi parteggeranno (ma poi si deve per forza?) i nostri concittadini? Ed i soliti anti berlusconiani? Non c’è bisogno di fare ulteriori commenti, se non per smentire le parole di risposta dello stesso Berlusconi all’articolo: si è lamentato affermando che le parole del “Times” sono state imboccate dalla sinistra al magnate inglese, ma la realtà, ben più triste, è che è proprio il supercapitalista, globalizzatore Murdoch ad essere la fonte delle idee di una sinistra morente.


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[1] Fonte: www.effedieffe.com in “Chi comanda i media” e “Ancora sul controllo dei media”, rispettivamente del 22/06/2005 e del 28/07/2005)


[2] Per rintracciare anche per queste aziende le varie proprietà, rimandiamo agli articoli citati nella precedente nota.


[3] Cfr. “Intervista a Daniele Scalea”, www.eurasia-rivista.org.


[4] In un articolo intitolato “la plutocrazia piemontese”, Gramsci nel 1925 scriveva su “L’Unità”: “Il trinomio Agnelli-Gualino-Ponti, col complesso di forze economiche rappresentate – la Fiat, la Snia viscosa, la Sip – dirige la più potente organizzazione capitalistica che esista in Italia. […] questa potentissima coalizione finanziario-industriale è naturalmente anche una potentissima macchina politica. La politica serve a creare le condizioni favorevoli per la prosperità delle speculazioni, e le speculazioni riuscite forniscono i milioni necessari per alimentare e mantenere l’influenza politica”.


[5] Per seguire queste evoluzioni è utile leggere il blog www.ripensaremarx.splinder.com, ma le stesse concezioni sono state rilanciate anche da un giornale “berlusconiano” ed “istituzionale” come “Libero”. Inoltre sono confermate dalle dichiarazioni di Tremonti secondo cui “la partita è fra governi” e da quelle di Marchionne che, augurandosi “che la partita sia economica e non politica”, conferma di essere spaventato (come i suoi padroni americani) da accordi politici Europa-Russia.


[6] Cfr. http://www.cpeurasia.org/?read=7479

Maggio 2009 Cpeurasia

L’equivoco del “razzismo”

di Matteo Pistilli e Luca Rossi. La xenofobia filo-americana e le similitudini destra-sinistra riguardo il tema immigrazione.


In tempi di crisi, economica e non, in cima all’ordine del giorno vi è il “pericolo razzismo”. Sia coloro che muovono il j’accuse contro un presunto ritorno alle “Leggi razziali” promulgate nel ’38, sia coloro che inneggiano alla “difesa etnica”, convergono nella centralità del fattore “appartenenza etnica” nei rapporti sociali. Questa convergenza è perfettamente integrata nel prospettiva dello “scontro di civiltà”, teorizzata in ambienti della “intellighenzia” statunitense e funzionale all’espansione dell’area economico-politica egemonizzata dagli Stati Uniti. Dai recenti fatti di cronaca si può constatare che il fenomeno su cui si consumano ettolitri di inchiostro e ore di noiosissime trasmissioni, in realtà non è specchio di un pregiudizio di carattere razziale, ma un genere di xenofobia fisiologica nel sistema occidentale imperniato su una visione del mondo materialista, nel quale si usa come criterio di giudizio nei confronti delle persone l’esteriorità (“indossa il chador o no?”; “Porta la minigonna o è coperta sino alle caviglie?”) che esprimerebbe la presunta “integrazione” e la connessa posizione sociale.

Prendiamo come esempio un’aggressione avvenuta a Roma da parte di alcuni italiani nei confronti di un africano, il quale non ha subito insulti e percosse per il fatto di essere straniero, ma per lo status di “morto di fame” che non consentirebbe a quest’ultimo di possedere l’auto alla “moda” (anche questo gli è stato ululato contro), a basso consumo e in grado di correre follemente sulla strada provinciale per poi stamparsi puntualmente contro un palo della luce o un albero. Individui infastiditi dalla presenza di uomini e donne che non raggiungono gli standard di benessere economico e di “stile di vita” dell’Europa “occidentale”, quindi da disprezzare, odiare, perché non rientrano nei parametri culturali imposti dalle multinazionali. Tutto è riconducibile al paradigma di civilizzazione occidentale (di matrice americana) che nega a priori gli altri modelli, non li assorbe né li integra, semplicemente li distrugge (o con me o contro di me!).

Esemplare la vittoria nella popolare trasmissione “Il Grande Fratello” conseguita da un ragazzo di etnia Rom, grazie al televoto (1 euro ogni sms, mica scemi eh…) di un numero consistente di italioti, per lo più giovani, gli stessi contro cui si scagliano i media, sì, quelli che bruciano il barbone, insultano lo zingaro, deridono la ragazza col velo. Magia! Il Rom con la polo, educato e innamorato viene premiato perché si è “rinnovato”: non è più come quelli che vedi al semaforo o davanti ai supermercati, è “come noi”! Qui la razza o l’etnia c’entra poco o nulla, poiché se fosse così, rimarrebbe ciò che è, uno zingaro, perciò verrebbe escluso, punto e basta. Nella società-delirio del melting pot, se sei bravo ad uniformarti, ad essere come la massa d’ignavi che popolano discoteche, vestono griffato e mangiano porcherie, puoi essere accettato e diventare famoso (non importa la tua identità, ci sarà sempre un giornalista pronto a mostrare all’opinione pubblica come sei “civile”, “occidentale”), sennò finisci nel girone infernale degli incolti, retrogradi, barbari, reazionari, fascisti, comunisti ecc. Dov’è quindi la “società multirazziale”? Solo nei discorsi pubblici delle autorità (!?) politiche e nella retorica dei media. È eterea. Non esiste alcun interesse a realizzarla, sennò perché si è garantito l’ingresso a milioni di persone? Forse per “preservarne l’identità”? No! È solo altra carne da macello, nelle fabbriche, nei cantieri, come cavie per prodotti chimici. Per favorirne l’inclusione è necessario alimentare la xenofobia, anch’essa artificiale (come il succo d’arancia 20% di frutta), con un messaggio chiaro: “Sei entrato nel mio territorio, qui comanda Zio Sam, lascia perdere la tua cultura e la tua lingua, diventa come me, sarai un perfetto “cittadino del mondo”, però continua a proliferare, ho bisogno di incrementare le nascite, perché l’italiano ha optato per l’etnocidio. L’Italia (quella sulla cartina geografica, non la Patria) ha bisogno di poveri senza diritti che facciano i lavori che i datori di lavoro vogliono pagare sempre meno, cancellando dignità ed etica (alcuni lavori sono fatti da immigrati proprio perché costretti ad accettare livelli di vita ai margini della sopravvivenza). Capisci? Tu non sei altro che una voce di bilancio, una cifra da addizionare o sottrarre, puoi servire sino a quando rientri nel quadro, sennò sei fuori. Lascia perdere l’indignazione degli intellettuali, lo sdegno della comunità internazionale, lo scalpore dell’opinione pubblica… la realtà sta nel puro interesse economico e nel perpetuare l’egemonia degli Usa sulla tua terra”.

È dunque chiaro come i discorsi degli attori politici americanizzati si equivalgano anche quando sembrano in contrasto reciproco: proprio in questi giorni il Presidente del Consiglio Berlusconi, spalleggiato dalla Lega Nord, si dice “contrario alla società multirazziale”. Ma quale “società multirazziale”? Ci sembra utile ripetere che quella che ci viene propinata come tale, altro non è che una società monoculturale, tutta uniformata dallo stile di vita Usa (neanche bisogna citare le esperienze personali che Berlusconi incarna, per esempio, con la squadra di calcio dell’AC Milan, piena di stranieri di ogni provenienza, tutti uniformati dalle logiche dell’intrattenimento) [1].

Dello stesso tenore, ma dal versante cosiddetto opposto, sono i concetti avallati dalle “sinistre”: l’immigrazione per esse è necessaria per “coprire posti di lavoro” e per darci i figli che “non si fanno più”, ed il motivo è tutto “culturale” visto che gli immigrati sono più poveri. Allora, in definitiva, cosa ci dicono le “sinistre”? Che per “preservare il nostro stile di vita” abbiamo bisogno di masse di sfruttati! Ma lasciamo la parola direttamente a Benjamin Barber, ex consigliere di Clinton, politologo della “democrazia partecipativa” e della “interdipendenza”, un vero e proprio campione delle “sinistre” mondiali che sull’Unità dell’11 maggio ha rilasciato un’intervista a G. Bertinetto per difendere l’immigrazione e che è stato ripreso con grandi elogi addirittura nell’editoriale del giornale: “La logica dell’immigrazione è economica.[…] L’economia globale richiede una forza lavoro mobile. […] Non è vero poi che portino via il posto ai già residenti. Vengono a svolgere i lavori offerti dal mercato”.

Appunto, il “mercato”. C’è da aggiungere altro?

Matteo Pistilli – Luca Rossi maggio 2009 Cpeurasia

[1] Luca Rossi, Realizzare la società multirazziale come risposta al melting pot: http://www.cpeurasia.eu/532/realizzare-la-societa-multirazziale-come-risposta-al-melting-pot