domenica

"Forza Roma" e la democrazia

La democrazia contemporanea oltre che a produrre strani effetti collaterali nelle antiche terre medio orientali (ma non solo), effetti che si manifestano tramite misteriose esplosioni, stragi, morti, sparizione di bambini e ovunque distruzione economica, sociale, culturale e materiale, produce effetti anche in casa nostra. Da noi però a causa della potenza dei mass media pilotati, queste conseguenze sono ovattate, nascoste. Rivestono anche da noi i più disparati ambiti: culturali, economici, sociali… Ma su tutti questi importanti argomenti non vogliamo trattenerci, altri ben più intelligenti e acculturati di chi scrive dovranno accuparsene. L’aspetto che vogliamo trattare è molto più infimo, volgare, ma comunque indicatore della decadenza della democrazia, o meglio, in questo caso, della democrazia elettorale. Ci riferiamo ad un caso concreto dal quale poi ognuno può trarre le conclusioni che preferisce. Stiamo parlando di un determinato partito, che si presenterà ad una determinata competizione elettorale, e fra l’altro, appoggerà anche uno dei due poli maggiori. Il partito si chiama “Forza Roma”, la competizione sono le comunali di Roma appunto, ed il polo appoggiato è quello di Alemanno. Intanto, è pure banale ma tocca dirlo, fa logicamente pensare il nome del partito: studiato a tavolino dagli esperti di marketing, come fu per Forza Italia, ma ancora peggio (e dico tutto!); se qualcuno può aver pensato che il Roma in questione sia riferito alla città si sbaglia di grosso! Forza Roma è proprio riferito alla squadra di calcio la A.S. Roma. Di sicuro niente di ufficiale, non è il partito di Franco Sensi (il presidente della Roma), ma se fosse stato così, allora il tutto avrebbe avuto una sua logica. Invece no, FR (la chiameremo così, speriamo senza paura di offendere i sostenitori capitolini che tanto ci tengono ad essere distinti da Frosinone…succede anche questo!) non è il partito di Sensi, ma di qualche furbacchione, che attraverso messaggi fuori luogo, vuole avvantaggiare se e i suoi alleati nella distribuzione dei voti elettorali. Chi ha avuto la (s)fortuna di assistere alla pubblicità in tv di questo “partito” (anzi senza virgolette perché non ha niente di meno degli altri), avrà sentito l’inno della Roma accompagnato dalle immagini dello stadio olimpico imbandierato; gli slogan comunicati? Una qualche attenzione ai tifosi e ai romani tutti, of course! Purtroppo saranno rimasti male i tifosi che guardavano con interesse tali spot, quando dopo Forza Roma è andato in onda quello di (tenetevi forte) Avanti Lazio, presentato dallo stesso uomo “politico” (e qui tutte le virgolette che volete) di Forza Roma; solo accompagnato dall’inno caro ai tifosi laziali “Non mollare mai” e bandiere con gli aquilotti. Stessi discorsi si possono fare per tutti e due i partiti, ma per una certa simpatia per i colori bianco celesti e altri aspetti che ora diremo, ci intratteniamo sulla compagine giallorosa (come direbbe Pizzul). Infatti la particolarità di FR non è solo quella (comune ad AL) di usare simboli calcistici, passioni calcistiche, parole d’ordine calcistiche, per servirsi delle tifoserie politiche oggi imperanti; non è solo una questione di degenerazione politica, vi è di più: nel caso di Forza Roma secondo noi, vi è il caso di una vera e propria truffa. E non truffa per modo di dire, ma truffa che qualcuno dovrebbe denunciare. Se la cosa che vi stiamo per dire (ovviamente chi è di Roma se ne sarà accorto da se) fosse accaduta per una pubblicità di altro prodotto che non la politica democratica, già le associazioni dei consumatori si sarebbero date da fare, ma essendo la democrazia una religione, pochi rischieranno la scomunica. Il partito FR infatti, nei volantini, negli spot (che qualcuno potrebbe chiamare propaganda) usa non solo i simboli della squadra di calcio, ma i suoi candidati sono Totti, Sensi, Montella, Mancini… La piccola anomalia è che non si tratta di Francesco Totti (voglio dire, già ci sarebbe da ridire ma almeno è vero!), bensì poi si viene a scoprire che è Mario Totti (il nome lo abbiamo inventato noi, non li sappiamo e non li vogliamo sapere quelli veri), oppure c’è Niky Catetere detto “Sensi”, Frankie Pappagallo detto “Montella” e così via… Purtroppo sui volantini c’è scritto a caratteri cubitali solo Totti, Montella ecc… Per molto meno una pubblicità potrebbe essere definita ingannevole mentre la democrazia consente queste truffe ai suoi consumatori. Il tutto condito da un altro elemento: non si legge su nessun giornale e ovviamente non si sente in nessuna televisione, qualcuno che abbia da ridire su tali degenerazioni…

Detto questo vogliamo noi condannare al rogo i fantastici “politici” di FR? Assolutamente no, anzi li ringraziamo per l’importante lavoro che stanno facendo: grazie alla loro ridicola avventura ci ricordano e ci illustrano meglio di qualsiasi manuale di politologia come la democrazia sia alla frutta, come tutti i partiti rispondano a problemi di marketing e non politici, come tutto l’arco parlamentare e oltre, sia accomunato da pulsioni pubblicitarie e nulla è rimasto di veramente Politico.

Matteo Pistilli - Patria n. 15 giugno 2006

Calcio, corruzione e mass media

Come possiamo noi, dal momento che su tutte le prime pagine dei giornali troviamo articoli sulla crisi del calcio, non occuparci e dire la nostra su questo fatto? Potremmo benissimo in verità, ma qualcosa da ribadire la troviamo sempre, per quello che vale. E sulla questione della corruzione nel mondo del calcio, più che i singoli nomi, più che le modalità degli intrallazzi, quello che ci preme dire sono due cose distinte; che prendono il via da tale problema, ma si allargano ad altri ben più seri ed importanti aspetti. La prima ed elementare riflessione è che ancora una volta ci siamo distinti, noi italiani, come popolo di corrotti. Possiamo indignarci quanto ci pare verso i governi asiatici, orientali, sudamericani ecc.. a causa della corruzione dei quali li incolpiamo, ma con un po’ di autocritica in più risulterebbe molto chiaro che la nostra indignazione, non solo è immotivata, ma è strumentale al raggiungimento di scopi geopolitici atlantici. Gli Stati che di volta in volta accusiamo di mala gestione della cosa pubblica, sono guarda caso, sempre quelli sui quali l’unica super potenza rimasta ha messo i propri occhi e noi, da bravi schiavi, li ad obbedire. Saremmo proprio gli ultimi nel mondo a dover parlare. L’altro aspetto degno di nota della questione è invece l’uso interessato fatto della moviola calcistica. Non stiamo qui a lamentarci di un rigore non assegnato alla nostra squadra del cuore, bensì a sottolineare ancora una volta, il potere dei mass media e degli opinion maker, in ogni campo. Certo, nell’ambito calcistico può pure non importarci delle malefatte messe a tacere in questo modo (sebbene l’onestà vada pretesa sempre e ovunque), ma quando pensiamo che come può essere truccata una moviola così può essere truccato un telegiornale, un film, un giornale, una trasmissione, un’opinione di un esperto, allora la cosa diventa seria. E la saggezza popolare, che spesso non sbaglia, ci suggerisce che mai e poi mai le idee, le notizie diffuse dai grandi media sono completamente disinteressate, soprattutto in un sistema liberale clientelare come quello “occidentale”. Nascondendo un evento, facendolo vedere da un’angolazione favorevole o sfavorevole, commentando in maniera totalmente interessata, si riesce senza alcun dubbio a metterci in testa delle opinioni ovattate, comode per chi detiene le redini di questo potere. Così si evitano seccanti proteste e prese di posizione di chi sarebbe contrario ad una determinata malefatta ed in più si convincono le persone che in realtà la malefatta è un opera di bene. Bisognerebbe riflettere di più sul potere della comunicazione di massa.

Pistilli Matteo - Patria n.15 - giugno 2006

Considerazioni sulle elezioni di aprile 2006

Inutile tergiversare: le elezioni politiche del 9 aprile 2006 hanno rappresentato una sconfitta, una pesante sconfitta. Una vera e propria disfatta di tutta la galassia antagonista che, tra mille difficoltà, tenta di farsi strada. L’84 % degli aventi diritto sono andati a votare e ci hanno dato questo segnale importante. E’ infatti questa la sconfitta di cui stiamo parlando, la massiccia affluenza alle urne ha significato il totale fallimento di ogni tentativo di opporsi all’attuale sistema politico. Non siamo stati capaci di raggiungere praticamente nessuno, o forse non abbiamo convinto nessuno. Ma la questione non è convincere oppure no, non stiamo mica facendo pubblicità per qualche prodotto, è di accendere un minimo spirito critico verso chi è meno interessato a cambiare lo status quo. L’offensiva mediatica, “democratica”, è stata talmente forte, che alla fine, anche fra chi predicava astensione abbiamo trovato votanti dell’ultim’ora. Ma è inutile piangere sul latte versato e quindi cerchiamo di assimilare la sconfitta ed analizzare i chiaroscuri di queste elezioni. Intanto il risultato. Niente di nuovo sotto il sole ovviamente, anzi se proprio dobbiamo cercare il pelo nell’uovo, dalla padella alla brace. Non perché ora ci sarà un Prodi anziché un Berlusconi, ma perché con questo sostanziale pareggio, le uniche leggi che passeranno, saranno quelle condivise da entrambi gli schieramenti e quindi quelle più duramente liberiste. Privatizzazioni, sudditanza verso gli Usa… saranno le uniche direttive condivise da tutto l’arco parlamentare (o almeno la stragrande maggioranza che è lo stesso). Dall’altro lato invece lo stesso stallo potrebbe essere un fattore positivo, in quanto potrebbe impedire un normale esercizio di sovranità e quindi potrebbe aprile la strada a eventuali avanguardie antagoniste, che si potrebbero insinuare negli spazi lasciati liberi dal potere, anche solamente per svolgere informazione e propaganda. Sempre per quanto riguarda i risultati generali non si può non citare la questione italiani all’estero. Anche qui la questione può avere diversi punti di lettura. E’ ovvio che un sistema democratico dove il governo viene deciso da poche migliaia di cittadini che vivono all’estero e niente sanno della nazione in cui si vota, è un sistema alla frutta. Un sistema che vive perché tenuto in piedi alla meno peggio, ma che comincia a mostrare le sue difficoltà. Persone che non vivono in questo paese, sebbene abbiano tutti i diritti per farne parte, non possono decidere il governo per chi invece ci vive. E’ una questione pratica non ideologica.
Il fatto poi che venga ora incolpato il vecchio (nel senso ideologico non fisico) Tremaglia e che questo provi anche a spiegarsi, è segno che proprio a nessuno interessa far dire la propria a questi italiani, ma interessano solo perchè possano votare ed essere utili. D’altra parte invece dobbiamo comunque notare che ancora una volta i popoli del sud america si sono distinti per aver scelto un cambiamento di governo, cosa che pare essere nelle loro corde; poi il fatto di non essere sottoposti alla nostra asfissiante propaganda ha fatto il suo gioco, così da far scegliere agli italiani all’estero, che poco sanno e poco sono interessati, un cambiamento di rotta, sebbene per noi inutile. Passando ai risultati specifici delle varie forze, dobbiamo di nuovo distinguere in lati positivi e negativi. Se è immensamente negativo il fatto che ancora oggi milioni di italiani che si ritengono “comunisti” appoggino i poteri liberisti, dall’altro lato, in un sistema che vuole imporre l’idea di moderazione come valore fondamentale, proprio la resistenza di tanti sedicenti comunisti è un fattore positivo. E uguale l’inabissamento dei voti per la cosiddetta destra radicale ci dice che i “fascisti” sono estinti, ma anche che non hanno accettato di essere affiliati al polo atlantista. Perché in effetti oggi i partitini di quell’area sono regrediti alla politica della guerra fredda, totale appoggio agli industriali ed ai potenti (ed agli americani): ne è la prova, per esempio, che il campione dove la Fiamma tricolore ha preso più percentuale di voti è il seggio dei militari in Iraq ed Afganistan, stessi seggi dove Forza Italia ha preso il 60% del totale (60%!). Infine con grande tristezza facciamo notare come di brogli ed imprecisioni ce ne siano stati, e ce ne saranno sempre, tantissimi. Il fatto è che la democrazia non è altro che conteggio matematico dei voti, ma se manca ferrea disciplina nello svolgere questi conti, ogni logica della democrazia affonda nell’oceano del nulla.


Matteo Pistilli - Patria - n.14 maggio 2006

Elezioni

Anche se vorremmo evitarci l’argomento, che troppa sofferenza ci trasmette, non possiamo non soffermarci di nuovo un attimo sulla farsa delle elezioni. Non stiamo parlando, come ovviamente sapete, delle elezioni in Stati a noi lontani e non stiamo contestando ipotetiche manipolazioni alla democrazia di qualche presunto despota; niente di tutto questo. Ci riferiamo a tutte le elezioni democratiche in generale e alle elezioni del 9 aprile in Italia in particolare. Non è il luogo questo per affrontare i semplici ed illuminanti concetti, che ormai circolano in tutti gli ambienti da anni, capaci di spiegarci come le elezioni democratiche non siano altro che una presa in giro, soprattutto in tempi in cui i mass media imperano incontrastati. Vogliamo solo far notare come nel caso di queste elezioni nel nostro paese, per mobilitare più elettori possibili, per allargare al massimo gli utenti, i clienti o meglio i sudditi della democrazia, ci si è rivolti a mezzi che in questi termini non vedevamo da anni. Ambienti che in tempi normali rivendicano la propria autonomia e giustamente si rallegrano della modernità delle proprie idee, scartate dalle logiche del passato, tutto un tratto, chiamati a raccolta dagli schieramenti oligarchici liberal-democratici, si trovano sulle stesse posizioni di un secolo fa. Ed allora di nuovo scontri in piazza, di nuovo antifascismo a fiumi, di nuovo anticomunismo come se piovesse. “Uccidere un fascista non è reato”, “difendere la patria dal comunismo” sono frasi che bene o male credevamo non essere più di moda; ed invece di moda lo sono ancora, e lo sono perché servono a chi deve raggiungere la maggioranza dei voti per avere la possibilità di non cambiare nulla, ma di occupare comodi posti di prestigio, a superare un avversario che è la copia esatta di se stesso, ma deve premiare altre persone. Gli ambienti che in tempi normali sono i più illuminati, hanno dimostrato la loro vera natura e quindi in un’apoteosi di giuramenti di fedeltà agli Stati Uniti, al simpaticissimo stato di Israele da una parte e dall’altra ci si fa una guerra non si sa bene giustificata da cosa. Pur di fregare le persone (perché di fregatura si tratta) sono tornate addirittura le “squadracce” da sostenere, le “brigate” partigiane con tanto di montagna incorporata, ci aspettiamo a giorni la scesa dei nazisti in Italia, lo sbarco americano al sud, intanto il “comunisti bollitori di bambini” lo hanno già tirato fuori. Le elezioni bellezza! Fra tante sciocchezze, ma che pesano sul nostro futuro ci pare il caso chiudere con due frasi gridate dagli inquilini di un palazzo sotto del quale cinque (5!) manifestanti facevano chiasso: “siete dei poveracci”, ma soprattutto “fatemi riposare!”.

Matteo Pistilli - Patria nr. 13 - aprile 2006

mercoledì

Abbattiamo le dighe

Sebbene dietro al concetto di liberal-democrazia ci sia un presunto alone di modernità, un’ atmosfera artificiale di progresso, ma sarebbe meglio dire di sviluppo, tutti i sistemi considerati oggi avanzati, sono in realtà fondati su concetti e avvenimenti passati.

E’ proprio su eventi vecchi, e dalle idee che da questi scaturiscono che si fonda tutta la logica politica del presente, e che, modificati e resi fruibili ai consumatori di politica, servono a costruire tutte le opinioni che ci paiono oggi necessarie.

La memoria è usata con dei fini precisi ed è lontana dall’essere una conoscenza del passato, utile per affrontare il futuro, ma pur sempre qualcosa che non c’è più. Lo studio della storia, o meglio il culto della storia, è infatti la base, la grande norma costituzionale che rappresenta il fondamento della nostra società, intendendo con questo la società globalizzata di tipo atlantico. Ci sono molte culture che fanno del culto degli antenati il loro fulcro, ma nessuna costruisce idee considerate moderne da avvenimenti dovuti a particolari momenti storici e nessuna crea nuove idee politiche, sociali, economiche, da tale culto dei trapassati.

Invece la nostra società, è a ben vedere tutta costruita su queste vecchie decrepite fondamenta. O meglio tanto decrepite non sono, visto che si mostrano in grado di reggere a tutti gli scossoni provenienti dal presente ed anzi, grazie ai figuri che detengono il potere, hanno la capacità di rinforzarsi, di allargarsi e diventare quasi insopprimibili.

Invece il flusso della storia avrebbe bisogno di fluire, di straripare dai margini e nostro compito sarebbe solo quello, come ci insegnavano i grandi maestri Machiavelli e Guicciardini di cercare di prevedere le piene e alzare degli argini per provare ad indirizzare il flusso a nostro piacimento. Oggi questo non avviene, ma in linea con il sovvertimento morale e ambientale dei nostri tempi, avviene una ben diversa azione: oggi non vengono più costruiti margini per far meglio fluire il futuro, gli eventi, ma questi vengono bloccati raccolti in laghi artificiali tramite l’innalzamento di dighe. Queste dighe formate dalla memoria idealizzata, dalla storia intesa come verità divina, impediscono il fluire dell’avvenire creando una società immobile come le acque di un lago artificiale, morta come quelle acque, e che ci tiene prigionieri nel culto di un passato inutile.

Non c’è oligarchia politica o economica che oggi non si rifaccia a personaggi, avvenimenti del passato ed attraverso questi, non voglia conservare il proprio potere, i propri privilegi, giustificati proprio da tale memoria. Non c’è bisogno qui di ricordare i casi più importanti di questa glaciazione della memoria, che avviene in ogni corrente: combattenti da una parte, caduti dall’altra, eroi di tale battaglia, martiri di quell’altra. Davvero non ci preme andare a fare esempi di questo tipo, perché crediamo che il concetto sia ben chiaro e nemmeno però vogliamo dare l’idea di non rispettare persone che hanno vissuto in passato ed hanno lasciato qualcosa in eredità. Non è un oblio ed un rinnegare totale del passato che ci aiuterà a camminare verso l’avvenire, ma è l’inverso, un culto di tipo divino verso la memoria, che certamente tarpa le ali alle generazioni più giovani e comunque a tutta la società.

Spesso, inoltre, il pericolo maggiore è quello che non vediamo, ed è proprio quando il culto della storia non è cosciente, ma silenziosamente si insinua nelle persone, che la lotta è ancora più difficile. Non tutti hanno una grande conoscenza degli avvenimenti e le idee del passato, ma tutti, proprio tutti, siamo vittime della manipolazione che tali concetti fanno sul nostro pensiero; senza neanche accorgercene ci troviamo a pensare per dati di fatto, per pregiudizi che, allargando lo sguardo al presente non hanno motivo e logica per esistere. Di sicuro, lo sottolineiamo, a qualcuno fa estremamente comodo usare le vecchie categorie politiche derivanti dalle vecchie conoscenze storiche. Continuare, agli albori del terzo millennio, a far passare categorie storicamente sorpassate come attuali, è un efficacissimo metodo per conservare il sistema vigente; è attraverso la storia che oggi i conservatori di ogni provenienza manipolano e bloccano il corso degli eventi.

E’ proprio di tutti questi ostacoli e questi conservatori che dobbiamo liberarci, diffidando di tutti coloro che continuano a farsi guerre della memoria, che vogliono tenerci immobili come le acque dei flussi che imprigionano, che costruiscono con la loro storia le dighe che ci frenano. Abbattiamo queste dighe!!! Solo così si potrà pensare al futuro.

PISTILLI MATTEO - Continente Eurasia numero 4 anno 2 - aprile 2006

Il tabù Ricerca

Uno dei tabù della società contemporanea, insieme all’intoccabilità della democrazia, alla sacralità dei diritti dell’uomo e ad altri concetti considerati inviolabili e “giusti” a prescindere, è quello della ricerca. Non passa giorno che qualcuno non rivendichi la natura necessaria e fondamentale della ricerca come possibilità, o meglio, inevitabilità dello sviluppo tecnico e quindi economico. Ma la concezione di ricerca, come le altre che abbiamo sopra citato, è passibile di equivoci e, soprattutto, è normalmente considerata un tabù senza procedere alla minima critica. In verità la ricerca può e deve essere sottoposta a valutazione, anche se, per il solo fatto di occuparsene, si entra in quel percorso minato da equivoci e condanne. La ricerca, in una società interessata ad uno sviluppo sfrenato inteso a consumare per produrre e non produrre per consumare, risponde proprio al bisogno di proseguire ad aumentare la velocità della società, si intende la velocità di sviluppo, senza badare al fatto che superata una certa soglia, e l’abbiamo superata da un pezzo, la locomotiva-mondo, non è più controllabile. Non sono state poche questo tipo di denunce negli ultimi cento anni, ma per i fautori della “modernità”, non sono altro che acqua fresca. Si diceva che parlando di ricerca si entra in un campo minato ed infatti è proprio così; appunto a queste elementari parole fino qui dette, si risponde con falso buon senso, che sì, il mondo sarà pure incontrollabile, ma sono innegabili le conquiste raggiunte dalla tecnica grazie alla ricerca, di conseguenza le vite salvate e le migliori condizioni umane. Ma tutto questo dimostra la scarsa voglia di critica e approfondimento delle questioni: parlare di ricerca in generale e difenderne ogni suo aspetto è una riduzione di possibilità, è frutto di una concezione parziale del mondo; certo che in una società come la nostra non è pensabile e nemmeno possibile o concepibile che non ci sia ricerca, ma questa dovrebbe essere guardata con occhi meno stregati dalle promesse di benessere, da sempre non mantenute, e più con lo sguardo di chi voglia migliorare le condizioni umane, senza compromettere nessun aspetto della vita. La ricerca può e deve essere efficiente, e operare nei campi utili, e non diventare fine a se stessa. Fare ricerca per la ricerca, senza avere un fine preciso, utile, efficiente comporta soltanto il gonfiare chimicamente i muscoli della società senza pensare alle conseguenze nefaste. Per non parlare poi, dell’idea che ogni stato debba fare la corsa sugli altri per il proprio tornaconto economico e di prestigio, quando poi non si vogliono nemmeno fornire a prezzi ridotti i farmaci alle popolazioni affamate. Se davvero l’obiettivo della nostra società fosse quello del benessere, il risultato utile di una ricerca svolta negli Usa, per esempio, dovrebbe subito raggiungere senza tanti sforzi tutti i territori di questo globo. Invece la ricerca è oggi sinonimo di sviluppo, cioè quel sistema economico rivolto alla formazione di economie liberal-democratiche (più o meno), e per niente vicino al concetto di progresso; questo infatti è un “andare avanti” per questo inevitabile e racchiude in se il necessario esame delle migliori condizioni, possibilità che si presentano all’umanità. Il progresso, per capirci, nel caso riconosca in un “tornare indietro” la strada migliore per il futuro, promuove proprio questo tipo di scelta; non si deve pensare che basta svilupparsi, aumentare l’impatto umano sull’ambiente, aumentare le tecniche per avere migliori condizioni umane, è altresì probabile che una visione intelligente del futuro possa comportare dei passi all’indietro soprattutto nel campo della tecnica. Oggi, non a caso, i più accesi sostenitori della ricerca sono i paesi “sviluppati” (nel significato politico del termine) i quali, purtroppo, sono appoggiati da alcune categorie di nostri concittadini che, per calcolo personale, non si accorgono di sostenere la causa dello sviluppo; queste categorie sono quelle del mondo della ricerca universitaria, quindi studenti e professori, che trovano nella ricerca il loro naturale sbocco lavorativo. A questi interessa (probabilmente senza rendersene conto) il proprio successo personale, fra l’altro senza rendersi conto che sono una percentuale marginale della società, ed è molto triste e problematica la questione, visto che proprio tali ambienti creano opinione grazie all’influenza e la preparazione. Quindi siamo praticamente in un circolo vizioso del quale facciamo le spese tutti, ma soprattutto, le future generazioni che si ritroveranno in un mondo definitivamente fuori controllo, in cui con la scusa della sviluppo, sarà definitivamente abbandonato ogni approccio umano alla vita: un mortale paradosso.


Matteo Pistilli - Continente Eurasia anno 2 numero 2 - febbraio 2006


giovedì

Destra, sinistra, elezioni

Non ci vuole tanto, basta chiedere in giro cosa ne pensino le persone dei significati dei concetti “destra” e “sinistra” per capire una grande verità: non ne ha nessuno la minima idea. Meglio, molti risponderanno con tante belle parole eleganti ed apparentemente convincenti, ma dietro quel diluvio di frasi preconfezionate, se volessimo avere davvero delle risposte, non troveremmo niente di vero o niente di condivisibile. Questo non è solo una particolarità dei semplici cittadini o militanti, ma è la prassi anche se si prendono in esame i leaders politici che a questi concetti si richiamano a piè sospinto. Per ognuno di loro, da qualsiasi parte si collochi, è nel proprio schieramento che si trovano sempre gli stessi valori, che badate bene valgono proprio per tutti: giustizia, benessere, sicurezza, libertà sono solo alcuni termini usati per delineare le qualità delle due “correnti”. Non si vuole qui dire che sono quelle qualità ad essere sbagliate, giammai, sono talmente giuste che vanno bene anche per chi scrive, quello che si vuole dire è che non ci sono particolari qualità proprie di una “sinistra” e qualità proprie di una “destra”. Le due correnti gemelle che si vogliono perennemente e irriducibilmente in contrasto sono in realtà le facce di una stessa medaglia, due specchietti per allodole. Questa divisione, infatti, risponde a logiche vecchie, ma vecchie di decenni e che oggi non hanno più ragione di esistere, se non negli interessi degli stessi politici e parlamentari, che sulla suddivisione del sistema democratico in due poli fanno la propria fortuna e quella delle oligarchie capitalistiche. Non è il caso di ripetere che, differenze a livello sistemico o ideologico non si trovano nemmeno con il lanternino; ci troviamo di fronte a due lobby, in Italia come altrove, che con metodi di marketing pubblicitario e sfruttando le etichette, i loghi “sinistra” “destra”, si giocano e si spartiscono il mercato. Detto questo non possiamo che ringraziare i rappresentanti delle cosiddette ali estreme dei due schieramenti, che, presentandosi fedelissimi a questa bella presa in giro, non fanno che confermarci che non sono meglio di altri; vecchi comunisti, vecchi fascisti e via dicendo, sono entrati con pieni meriti nelle coalizioni e ci dimostrano appunto il loro carattere reazionario. Non importa che tutte queste alleanze vadano poi in porto, ma basta che qualcuno consideri logico, come avviene oggi, che un qualsiasi rappresentante che si vorrebbe rivoluzionario, vada a sedersi a fianco dei soliti azzeccagarbugli politici, per confermarci che non troveremo risposte in quei paraggi.

Matteo Pistilli - Patria n.12 - marzo 2006

Totalitarismo Democratico

Rifessioni "scientifiche"

Gli studiosi "ufficiali"
(usiamo le virgolette perché, per studiosi ufficiali, intendiamo quelli oggi considerati giusti, adeguati, cioè gli studiosi filo-democratici; ciò è da tenere presente, ma affronteremo questo argomento in altre occasioni) di Politica o “scienza politica” sono concordi nell'identificare un regime totalitario a seconda della presenza in una determinata società di particolari requisiti. Questi requisiti sono:

  • Presenza di un Partito unico
  • Polizia segreta notevolmente sviluppata
  • monopolio statale dei mezzi di comunicazione
  • controllo centralizzato di tutte le organizzazioni politiche, sociali, culturali fino alla creazione di un sistema di pianificazione economica
  • subordinazione forze armate al potere politico

Ora procedendo ad un'analisi di tali requisiti e mettendoli in relazione con il sistema democratico oggi vigente, si raggiungono conclusioni molto interessanti. Certo bisogna "forzare" qualche definizione, perchè si dovrebbero ammodernare alcuni punti, essendo, quelli che utilizziamo, formulati all’insegna del modello “guerra fredda” (in funzione anti sovietica e logicamente anti nazista); ma comunque anche usando questi, la questione risulta interessante.

Per quel che riguarda il primo punto, ossia il partito unico, tocca non attenerci alla definizione formale, ma analizzare i vari partiti dal punto di vista funzionale ed ideologico. Così ci apparirà subito chiaro che, anche sotto sigle e leaders diversi, le varie fazioni (riconosciute ed operanti) si rifanno tutte ad una tipologia di partito (partiti elettorali) e tutte hanno gli stessi scopi massimi (liberismo, democrazia rappresentativa). Per questo, come nei totalitarismi classici venivano tenuti in vita i partiti con diversi simboli per dare l’illusione della scelta, ma in realtà non c'era vera competizione, così risulta anche nella nostra società.

Per il secondo punto e cioè Polizia segreta molto sviluppata, non occorre nemmeno fare esempi storici, come il secondo dopoguerra (e le influenze di polizie segrete, straniere…), per capire che è una normalità dei sistemi di oggi. Molto (diciamo quasi tutto) della politica internazionale ed interna avviene oggi grazie a questo tipo di influenze.

monopolio statale dei mezzi di comunicazione; Qui in Italia ci si lamenta (giustamente) di Berlusconi, ma anche nel resto d'occidente la situazione non è migliore. Anche se gli editori-produttori sono diversi, il modello culturale è lo stesso, si rifà ovunque agli stessi principi. Il monopolio non è però statale, ma di gruppi potenti e influenti. I messaggi sono comunque pilotati e strutturati. Si potrebbero citare innumerevoli ed eminenti studiosi su questi argomenti, ma non è ora il caso.

il quarto punto è il controllo centralizzato di tutte le organizzazioni politiche, sociali, culturali fino alla creazione di un sistema di pianificazione economica. Anche qui bisogna essere accorti a non cadere nel tranello liberista. Se non è evidente un sistema pianificato, come mai, i capitali che contano sono sempre in mano agli stessi poteri forti? Solo perchè non c'è nessuno che rivendichi la leadership (apertamente), ciò non significa che il sistema economico non sia pianificato. Lo stesso vale per politica e cultura ormai rami dell'ideale razionalista.

quinto punto subordinazione forze armate al potere politico; oggi, più di ieri, i poteri politici "governano" quelli militari sia per motivi economici che culturali (secondari). Tanto più che oggi si vanno sviluppando i cosiddetti eserciti privati, ma non privati nel senso che sono in contrapposizione agli interessi forti di cui sono espressione.

A questi punti si possono aggiungere (sempre in linea con gli studiosi “ufficiali”):

una ideologia rigida e strutturata; non dovrebbero esserci dubbi sulla disciplina imposta dall'odierna ideologia democratico-economicista. Chi si allontana da questa si pone fuori dalla civiltà, gli esempi sono talmente chiari e tanti che non c'è bisogno di specificare oltre.

Un universo concentrazionario: risulta evidente, questo tipo di controllo sulla società, se pensiamo alle politiche del terrore messe in atto dai governi democratici (gli Usa ne sono i maestri), alle carceri fuori da ogni controllo e il terrore psicologico imposto a chi non si riconosce in determinati valori.

Fatto questo esercizio di analisi e critica, possiamo avanzare con più coraggio di prima, che l'odierna società democratica è in realtà un sistema totalitario repressivo? Pensiamoci.

M.Pistilli

Destra, sinistra e il "caso" Di Canio

Ancora una volta, con le elezioni che si avvicinano, riprende l’offensiva massima del circo delle propagande. “Destre”, “sinistre” e via dicendo si affannano a voler convincere più votanti possibile (per loro siamo solo voti, nulla di più) per raggiungere il loro obbiettivo personale: un posto di potere nella liberal-democrazia occidentale. L’ offensiva è davvero impetuosa, nulla sfugge a questa aggressione; ma la cosa triste è che siamo davvero in pochi a non cadere nei tranelli del totalitarismo democratico, pochi a renderci conto che tutto è finto, la competizione è finta, e una vera alternativa la dobbiamo ancora costruire. Illuminante sul clima politico italiano (ma non solo) di questo periodo, è il “caso Di Canio”. Ci scusiamo per la scelta di affrontare tale inutile questione, ma è piena di spunti interessanti. Primo: come al solito il pericolo fascista (sic) viene sfruttato dai propagandisti democratici come bandiera per compattare i propri ranghi; in questo modo il “sistema” usa ancora lo scontro fra gli estremismi e lo usa per i propri fini. Oggi, nel terzo millennio, la divisione e forse addirittura la definizione fascisti comunisti non ha più alcun senso; se chiedete ai militanti di una parte perché odiano quelli dell’altra non avrete mai spiegazioni esaurienti; tutto è voluto e pilotato dal sistema, lo scontro fra opposti estremismi, che però non sono affatto opposti e nemmeno estremismi, è creato dal sistema per i suoi chiari scopi. Secondo: ma il lato forse più incredibile della questione è la trasposizione al mondo del tifo di ideali rivoluzionari e comunque politici. Il sistema democratico è riuscito a trasformare uomini liberi, potenziali rivoluzionari, in inutili ultras, praticamente in pazzi isterici che mettono in pericolo la propria incolumità e quella degli altri per nient’altro che una squadra di calcio. Un tempo lo si chiamava oppio dei popoli e lo si trovava nella religione, oggi che quella non è più considerata da nessuno, è stata sostituita da tutte queste manifestazioni controllate dai palazzi. Qui comunque non si vuole andare contro l’ultra, che abbiamo sempre difeso, essendo questo un individuo che non si accontenta dei normali schemi di vita preparati dalle liberal-democrazie e che, semmai, sbaglia il modo di dimostrare la propria insoddisfazione (a volte questo neanche è vero visto che ultras prende il significato di appartenenza, comunità quindi è accettabile). Il problema è però l’uso che dai palazzi democratici si fa di questi ambienti o, meglio ancora, la formazione culturale promossa dal mondo moderno che devia totalmente la mente dei popoli facendoli credere in idee non proprie, facendogli adottare concetti inumani e docili. Per questi motivi il caso Di Canio, arrivato ai clamori della cronaca solo perché fa scandalo avere determinate idee, è un caso scandaloso per le lacune che mostra nella nostra civiltà occidentale.

domenica

"Giramondo": Mussolini, Bombacci, Silvestri

Gli articoli di questi tre socialisti pubblicati nel marzo 1944 sotto lo pseudonimo di Giramondo

La Repubblica Sociale Italiana sarebbe dovuta essere, ad avviso di Mussolini, una “Repubblica Socialista Italiana” e non solo nel nome, anche nei fatti. L’ultimo Mussolini infatti, ritrova tutta la verve socialista rivoluzionaria degli anni giovanili; questo è ben visibile dalla legge del febbraio 1944 detta “della socializzazione”: la legge socialmente più avanzata della storia d’Italia grazie alla quale gli operai entrerebbero direttamente nella gestione delle aziende. La legge in questione, benché approvata, non entrerà in vigore davvero a causa dei nazisti, molto più vicini ai borghesi che al Duce.

In questo scenario di ritorno al socialismo, hanno grandissima importanza le poche persone che frequentavano il Duce assiduamente: fra queste soprattutto Nicola Bombacci e Carlo Silvestri. Il primo fondatore del Partito Comunista il secondo esponente del socialismo riformista. Questi tre socialisti italiani s’incontravano spesso e nel segreto dello studio di Mussolini, passavano ore in speculazioni che purtroppo non potremo mai apprezzare.

Frutto della loro amicizia è il caso giornalistico che esplose dal 12 al 23 marzo 1944 con una serie di articoli pubblicati sul Corriere della Sera. Tutta la serie si intitolava “analisi anatomica del fallito sciopero”, ma i recenti scioperi erano solo il pretesto per affrontare una complessiva storia d’Italia. Questa serie di articoli veniva firmata dallo pseudonimo di “Giramondo” che all’epoca rimase celato, ma ormai è praticamente sicuro che dietro ci fosse la triade Mussolini Bombacci Silvestri. La particolarità degli articoli è nel modo in cui viene affrontata la questione storica e cioè in maniera totalmente svincolata dalle censure e dai controlli vigenti all’epoca. Divideva gli antifascisti in onesti e meritevoli di rispetto e disonesti asserviti allo straniero; esaltava le origine socialiste del fascismo; avanzava ipotesi di compromesso storico fra fascismo e socialismo. L’unico che poteva permettersi la pubblicazione di questi articoli eretici sulla prima del Corriere era il Duce, ma avendo gli articoli alcuni passi la cui prosa sembra quella di Bombacci e altri quella di Silvestri, è possibile che gli articoli venissero scritti a sei mani. Nemmeno Ermanno Amicucci, direttore del giornale, conosceva l’autore degli articoli e infatti si lamentò con il podestà di Milano, tramite il quale li aveva ricevuti, perché gli fanno saltare la pianificazione del quotidiano, ma soprattutto perché in definitiva non vuole pubblicare articoli scomodi. Infatti scrive “L’ articolo di domenica porta un inciso riguardante Filippo Turati il quale viene definito degno e fiero italiano anche negli anni del 1926 al 1932 quando fu fuoriuscito a Parigi. Io ho corretto questo inciso attenuandolo.(…)Nel secondo articolo parla dell’onesto Ivanoe Bonomi(…) e io non ritengo sia conveniente dirlo così apertamente dato che si tratta di un antifascista(…)”.

Comunque sia i lettori si appassionarono a questi articoli, che attribuivano completamente al Duce, tanto da far aumentare la tiratura del Corriere della Sera. Come si è detto dietro però c’erano anche gli altri due e questo è chiaro da vari passi degli scritti. E’ sicuramente Bombacci quello che scrive “E’ la ragione per cui Lenin Trotzkij e Stalin non hanno mai preso sul serio i comunisti italiani; è la ragione per cui Lenin ad una delegazione di socialisti italiani da lui ricevuta al Cremino, rivolse questa invettiva: In Italia c’era un solo socialista capace di guidare il popolo alla rivoluzione: Mussolini! Voi lo avete perduto e non siete stati capaci di recuperarlo”. Questo fatto era all’epoca conosciuto solo da Bombacci per cui sicuramente lui lo fece scrivere. Sono invece di Silvestri tutti gli elogi verso i socialisti come Turati e Treves: “Mussolini fu onorato (si, onorato) di succedere nella direzione dell’Avanti a Claudio Treves(…) Sciogliamo una riserva e, come italiani, siamo lieti di additare proprio noi l’esempio di Turati, Treves (e in verità molti altri) che, fuoriusciti a Parigi, dimostrarono lo stesso ribrezzo, che avrebbero mostrato per la scabbia, nei confronti del denaro collaborazionista del Douxieme Bureau”. Questi passi, se pensiamo all’epoca in cui vennero scritti, erano sconcertanti. Ancora, per esempio, si parlava di “antifascisti che hanno pagato la propria tenacia e dignità e fascisti che dal Fascismo avevano avuto tutto quello che non meritavano” o c’erano ovviamente riferimenti alla socializzazione “(…)Se non fosse sopravvenuta la guerra essa sarebbe stata effettuata nel 1939-1940, ma era già chiara nella mente di Mussolini nell’ottobre del 1920, durante l’occupazione delle fabbriche, quando disse a Buozzi segretario della Fiom: Se voi siete decisi a fare la rivoluzione, io sarò al vostro fianco e vi darò l’appoggio delle forze che mi seguono”.

Questi articoli dunque si pongono proprio nel solco di quella volontà socialista presente nel Fascismo originale che, negli anni della RSI, torna ancora più consapevolmente. Nelle speranze dei rivoluzionari di allora c’era la volontà di riavvicinare le potenze dell’Asse con l’Unione Sovietica, in un progetto di ostilità agli alleati liberal-capitalisti. Sappiamo che tutto questo non potè avvenire, per l’opposizione dei nazisti e per l’inevitabile piega presa dalla storia, ma l’esempio di quegli uomini così coraggiosi e illuminati può indicarci la giusta strada verso il futuro.

Fonte delle notizie :“Il comunista in camicia nera” di Petacco

da Patria numero 7 - ottobre 2005

sabato

Atlantico

Un governo che non provvede al popolo che ha il compito di guidare, è un governo diabolico! Facile essere d’accordo a questa affermazione, che potrebbe riguardare ogni nazione.Se non si è capito però, stiamo parlando di una nazione in particolare, un’unione di stati, l’america. Oggi, dopo aver visto le immagini immonde delle torture perpetrate ai danni dei combattenti islamici, dopo aver visto la distruzione abbattersi come una furia su tutti i continenti e originata da uno soltanto, dopo aver visto le città, l’onore, l’indipendenza d’Europa perduti a causa dell’interesse dei poteri d’oltre-oceano, siamo risoluti, abbiamo finalmente capito cosa c’è dietro l’america: il demonio; le forze del male che, simili ma profondamente diverse da quelle del bene, come satana è simile, ma anche l’opposto di Dio, tentano di allungare la loro mano sull’intero globo. Dietro l’ideologia americanista, l’ideologia che fa del particolarismo americano il centro di tutto il mondo e che vede il proprio destino ineluttabile nel conquistare il mondo, c’è la sofferenza! La sofferenza di ogni forma di vita, dalle più lontane alle più vicine, sofferenza giustificata a volte dall’interesse, altre volte dalla proprietà privata, se non dal successo personale da raggiungere a tutti i costi, fino ad arrivare alla sofferenza ingiustificata. E’ il destino dell’Atlantico trasportare e diffondere ovunque la sofferenza che sgorga dalle sue acque. Acque che ancora una volta obbedendo alla sola volontà di distruzione, hanno colpito anche l’isola che circondano, uccidendo migliaia e migliaia di persone, annientando in pochi istanti vita e dignità. E il governo che dovrebbe provvedere a tutti gli sventurati colpiti dalla maledizione atlantica, non si muove, non sa come agire, o peggio, non vuole agire; non agisce perché non ama la comunità che lo forma, dopo anni passati a convincersi e convincere che questa comunità è unita, che il cosmopolitismo funziona, lasciano i suoi membri alla deriva. Non vuole agire perché non può fare a meno della sofferenza suo vero pane quotidiano. Tutto questo ci fa ribrezzo, ma non paura. L’abbiamo affondata una volta, forse la storia si ripeterà: dopo l’Atlantide, l’America!


Patria numero 6 - settembre 2005

Terrorismo e occidente

Giornate di lutto nella povera Terra! Il terrorismo comincia a colpire con più coraggio, se di coraggio si può parlare nel combattere nell’ombra. Comunque una cosa bisogna ammetterla, senza cadere nella classica menzogna degli occidentalisti: si tratta di combattenti e non di mostri spaventosi. Il problema semmai è capire di che tipo di combattimento si tratta e la nostra opinione, situata in una posizione difficile, può essere la più accettabile:infatti non possiamo accettare nessun terrorismo, ma potremmo condividere i motivi della lotta! Per tale motivo ci troviamo spiazzati nel panorama ideologico, ma non è per questo che evitiamo di schierarci! E in un panorama così desolato e sterile finiamo per avvicinarci all’opinione degli atlantisti liberali, che predicano lo scontro di civiltà; si può essere d’accordo ad un’impostazione del genere, ma chiarendo cosa si intenda per guerra di civiltà. Per fare questo ci aiutano le dichiarazioni dei responsabili delle oligarchie democratiche che subito dopo la morte dei loro concittadini non trovano di meglio da dire che frasi tipo “non colpiranno il nostro stile di vita”, “non colpiranno la nostra democrazia”. Infatti la famosa guerra di civiltà non è altro una guerra POLITICA. E per politico intendiamo il potere di compiere scelte e il tipo di scelte prese. Non sarà facile capire che condividiamo questa visione, ma schierandoci senza remore per tutti coloro che combattono per una società più tradizionale, sociale, comunitaria e spirituale. Non vi è nulla di illegale o spaventoso nell’avversare il cosiddetto stile di vita “occidentale”; stile di vita, è chiaro, significa consumismo, democrazia, libero mercato e tutto quanto gli gira intorno. I terroristi colpiscono vite intoccabili e per questo andranno puniti, colpiscono le sovranità nazionali e per questo verranno puniti, ma la loro lotta, la loro idea, non è condannabile, è condannabile solo la strategia che hanno scelto. Chi combatte lo status quo è considerato dal sistema un criminale, ma è questa la grande beffa della democrazia! L’islamismo è una componente importante per una nuova ideologia dell’avvenire! Detto questo vogliamo manifestare tutto l’amore possibile per le vittime e i loro parenti, colpiti in tutto il mondo dal male uscito, in fin dei conti, dal ventre dell’occidente.

da Patria n.5 agosto 2005

La democrazia ed i suoi poteri

Apparenti giornate di lutto per la cosiddetta Unione Europea. I fantastici referendum democraticissimi e, che in quanto tali, non valgono una cicca, hanno dato esiti virtualmente sfavorevoli alla costruzione di un’Europa burocratica e liberista. Nei fatti però il processo andrà avanti, perché il potere capitalista una cosa riesce sempre a farla: avanzare. E’, e sarà, praticamente inarrestabile nell’assoggettare tutto il mondo occidentale e non, almeno fino al momento che i popoli non riusciranno ad uscire dal loro stato di torpore ideale, culturale e vitale! Fino ad allora si procederà con questa democrazia che riuscirà a fare degli uomini un’incredibile massa docile ed obbediente, nella sua convinzione di benessere. In realtà gli uomini non percepiscono il benessere, ma hanno la convinzione, tutta economicista, di aver diritto di cercare il benessere. Questo porta a frustrazioni e sofferenze inaudibili, che però nella società moderna non possono nemmeno essere rese note senza la paura di essere messi “fuori dal giro”. Un bell’ esempio di questa democrazia inutile e populista (nel senso moderno) sono proprio i referendum proposti alle popolazioni europee. Finchè i voti saranno coerenti con gli obiettivi delle oligarchie liberali allora ci saranno feste e celebrazioni, ma quando non lo saranno allora non avremo nemmeno l’onore di una parola di sconforto: semplicemente il voto verrà ignorato, si passerà oltre: bella democrazia (governo del popolo) è questa! E se si è proprio sicuri di perderlo, il referendum, che si fa? Lo si cancella è ovvio! Così per un po’ nessuno si ricorderà nulla e si potrà dare il via ad un’altra opera di lavaggio del cervello. Sinceramente non c’è nemmeno bisogno di lavaggi di cervello, pensate a Blair, che subito dopo aver cancellato un referendum che avrebbe avuto come esito una richiesta di un’Europa più “sociale”, fa proposte di maggiore liberalizzazione economica. Ma di persone affascinate dalla democrazia il mondo è pieno, nostra la missione di aprirgli gli occhi!

Nuovi Europei Coraggio!

da "Patria" n.4 luglio 2005

Comunismo - anticomunismo

L'anticomunismo è una malattia difficile da combattere, come pure l'antifascismo; sono virus ormai diffusi e presenti in profondità in tutta la società occidentale. Essi vivono senza più motivo alcuno se non quello di essere utili alle oligarchie liberal-democratiche che li usano per saldare continuamente il loro potere.

Per quanto riguarda l'anticomunismo, la questione è un po' più complessa di quella che riguarda il gemello. Infatti la paura del rosso, oltre ad essere errata in sé, sembra anche ingiustificata a livello politico. Il comunismo puro oggi non esiste più, e oggetto dell'anti sono i comunisti, cioè i singoli individui che si dicono comunisti. Il comunismo forse verrà rievocato per il bene di tutti, ma oggi i comunisti (o molti di essi) dicono di essere tali essendo in realtà altro. Se essi percepissero correttamente la questione abbandonerebbero d'un tratto il loro antifascismo e gran parte del fosso sarebbe superato; invece pochi ambienti hanno questo coraggio. Certo la cosa sarebbe ancora più facile se anche da parte fascista o nazional-socialista si compissero passi del genere, comunque anche in questi ambienti, ma qui qualcosa si muove, c'è poco coraggio.

I "rossi" e i "neri" continuano a vedersi separati, ma da cosa questo non è dato sapere. Le idee alle quali si rifanno differiscono di molto poco, particolari che i liberali avrebbero superato già da tempo.

IL COMUNISTA

Ancora oggi i "fascisti" sentono di doversi opporre al comunismo e vorremmo capirne il motivo. Prendendo in considerazione il tipo comunista ora andiamo a criticarlo per vedere cosa lo particolarizza:

Il comunista si dichiara internazionalista: ma oggi l'imperativo sarebbe di combattere il mondialismo globalizzatore e quindi non c'è internazionalismo che tenga: i problemi imminenti sono altri. La storia poi ha dimostrato come questa visione non riesca a eliminare sentimenti nazionali (vedi la storia balcanica), quindi un po' di autocritica non sarebbe male. Diciamoci chiaramente poi, che dove è stato applicato (e con successo) il comunismo è sempre stato nazionalista. Da qui, secondo voi, è questo un carattere che pone in antagonismo i nuovi adepti delle due rivoluzioni?

Il comunista riconosce i diritti individuali: qui il "rosso" entra apertamente in contraddizione con l'aspetto comunitarista del comunismo, che non è assolutamente individualista e quindi non riconosce diritti individuali. Una nuova resurrezione del comunismo eliminerebbe questa concezione.

Il comunista crede o credeva nella classe: purtroppo che sono pochi oggi i comunisti operai, e contadini. Questo aspetto è completamente decaduto e non crea più problemi. Il ruolo del partito non è più sentito come quello di guida.

Il comunista dice che gli uomini sono tutti uguali? Alcuni lo dicono, ma hanno interpretato male quello che non è nemmeno un comunista, cioè Marx. E' proprio Marx a dire che in una ipotetica società comunista ognuno avrebbe il compito che è più vicino alla propria natura e inclinazione. L'uguaglianza intesa come giustizia sociale (spesso c'è confusione al riguardo) è propria sia dei "rossi" che dei "neri".

Ci sarebbero altri aspetti, ma di minor conto, da analizzare, ma la questione resta la stessa: finchè il comunista rimane individualista, economicista, e liberale, non potrà superare gli steccati e sarà incompatibile con il nazional-socialista, ma non sarà nemmeno comunista, è chiaro! Una riscoperta del comunismo farà in modo che i fedeli e i militanti "rossi" e "neri" si renderanno conto che l'unica via è quella in cui marceranno insieme.

COMUNISMO ESTINTO

Quanto si è voluto dire sopra ha quindi un significato importante, e cioè che i comunisti oggi non sono più comunisti! Infatti in una campagna revisionista senza precedenti, ci tengono a sottolineare le radici democratiche della loro ideologia. E' questa oggi la loro più grande preoccupazione, preoccupazione che avrebbe fatto impallidire Lenin, Stalin, Mao e tutti i padri del comunismo. Questo fenomeno è altresì identificabile nella militanza partitica di oggi; essa è infatti quando va bene social-democratica, quando va male liberista e addirittura neo-conservatrice. I comunisti in Italia e Europa Occidentale, sono diventati i più fedeli reazionari democratici, appoggiando partiti liberal-social-democratici. Alcuni sono finiti anche nei partiti liberal-liberisti (vedi forza italia), oppure lampante è l'esempio dei trozchisti rivoluzionari internazionalisti americani, che oggi sono i fedeli internazionalisti democratici al fianco di Bush. Tutto ciò non può essere un caso, ma un fenomeno ben comprensibile: i comunisti hanno spesso travisato i dettami del comunismo vero, e si sono definiti tali essendo in verità liberali e individualisti, in una parola atlantisti!

Una riscoperta coraggiosa del Comunismo sarà una potentissima scossa per lo status-quo liberal democratico e per i traballanti steccati ideologici!

Matteo Pistilli dal numero 3 di "Patria" bollettino socialista

22 giugno - lutto continentale

22 giugno, giornata di lutto Continentale. Il 22 giugno anche quest'anno arriverà e passerà nell'indifferenza generale, senza che nessuno dai grandi canali dell'informazione e della cultura abbia né il coraggio né la forza di celebrarlo. Ma noi patrioti abbiamo il dovere di celebrarlo profondamente e spiritualmente con il rigore e la serietà che si conviene ad un evento così luttuoso. Infatti, il 22 giugno 1941, è la data di morte scolpita sulla tomba dell'Europa. Il giorno più nefasto della nostra storia, il giorno in cui siamo stati sconfitti. Sconfitti da noi stessi, dalla debolezza e dalla mancanza di coraggio e passione: è il giorno in cui la Germania del Terzo Reich si scaglia contro l'Impero Sovietico. L'atto che fulminò ogni speranza rivoluzionaria. In un suo scritto Dugin riporta un episodio interessante:Arno Breker, il famoso scultore tedesco, che conobbe benissimo Bormann, parlò a Parvulesco di una strana visita che ricevette da questi a Jackelsburg. "Il 22 giugno 1941, immediatamente dopo l'attacco della Germania di Hitler contro l'URSS, Bormann andò da lui senza precauzioni, in stato di shock, avendo lasciato il suo ufficio al Reichskanzlerei. Egli ripeteva continuamente la stesso misterioso giudizio: "Il Non Essere, in questo giorno di giugno, ha vinto sull'Essere…Tutto è finito…Tutto è perduto…" Quando lo scultore chiese che cosa volesse dire, Bormann tacque; poi, ormai alla porta, si volse per aggiungere qualcosa, poi decise di non farlo e se ne andò sbattendo la porta. Infatti fu proprio così, il non essere vinse sull'essere, o meglio, i conservatori vinsero sui rivoluzionari, gli stupratori della terra sul continente eurasiano. Quello che poteva essere il Continente, l'Impero dell'avvenire, si trasformò in colonia; ma quel che è peggio, la spiritualità, il socialismo si trasformarono in materialismo, capitalismo, economicismo. Facciamo che la data più importante della nostra storia possa essere per noi anche l'insegnamento più profondo, affinché certi errori non si ripetano. Così che il 22 giugno 1941 non sarà più una data luttuosa, ma il simbolo del sacrificio che avrà segnato la strada per il futuro dei rivoluzionari europei.

Giugno 2005 - n.3 "Patria"

25 aprile

Il 25 aprile, data scomoda per chi non ha ideologie a cui accendere lumini. Da qualsiasi angolazione la si guarda viene fuori una sfumatura diversa: giorno di festa e liberazione, giorno di sconfitta sono solo gli estremi di un'infinita serie di analisi e commenti che si potrebbe fare. Ma vogliamo farla? Siamo oggi, nel 2005, ancora a festeggiare o maledire una vittoria o una sconfitta avute da altri in un'epoca ormai passata irreversibilmente? Il 25 aprile è una data che ha costruito la storia del nostro presente così come lo viviamo, ed a costruirla sono state tutte quelle persone, poche in verità, che da una parte e dall'altra lottavano per convinzioni a volte proprie a volte di altri. Ma anche 60 anni fa la storia non veniva fatta e controllata nè dai popoli, nè dai loro pritagonisti, e sessant'anni fa, la storia, mise di fronte quelle persone e quelle idee diverse o simili che fossero. Oggi ,nel 2005, con l'esperienza acquisita, gli studi effettuati, non pare proprio il caso di indugiare ancora su una data così deleteria. Per quanto riguarda l'Italia lo stesso Mussolini ebbe a dire che la Storia doveva, allora, andare altrimenti che come proseguì soprattutto a causa di Hitler; e anche Stalin aveva idee ben diverse sul futuro dell'Europa da quelle messe in pratica nolente o volente. I nostalgici, oggi dovrebbero riflettere: il combattente partigiano è riuscito, con le scelte fatte, a cambiare la società? Può sentirsi rappresentato da politici sempre in cambiamento per non cambiare mai? E il combattente fascista cosa credeva di proteggere con la sua lotta? Un'Europa folle in mano ad un pazzo? Purtroppo ci portiamo sulle spalle fardelli troppo pesanti e inutili per la lotta nel terzo millennio, fardelli che le oligarchie politiche pensano bene di lasciarci sulle spalle ancora per molto,in modo da mantenere una divisione nell'idea rivoluzionaria così utile per il sistema liberal-democratico. Quando ci libereremo dei vecchi rancori e il 25 aprile non sarà che una festa (ma sincera) in ricordo di chi ha lottato, allora un passo avanti sarà fatto e il sistema sarà più in pericolo. Bisogna fare tutti un passo indietro, pensare al passato, ma l'obiettivo deve essere per tutti il futuro!

da "Patria" n.2 maggio 2005